lici curiosi è “wine”. Anzi Wine Tourism.
Sì, si parla inglese oggi e per i prossimi tre giorni a Perugia, e soprattutto si parla il linguaggio universale del vino. È appena iniziata la 4° edizione dell' International Wine Tourism Conference (Iwinetc 2012), per la prima volta in Italia dopo le tappe in Spagna e Portogallo degli anni scorsi. Tre giorni e 40 sessioni (tra incontri, degustazioni, press tour e workshop) per un settore che coinvolge cinque milioni di enoturisti italiani, che ha sviluppato solo il 20% delle sue potenzialità e che, secondo i dati (forse fin troppo ottimisti del Censis) dovrebbe valere 5miliardi di euro e muovere circa 20milioni di persone nel mondo.
Qui a Perugia sono arrivati 300 professionisti del settore (ma anche appassionati) da 40 diversi Paesi. Stime a parte, all'hotel Giò Jazz e Wine (il primo hotel a tema vino, dotato di 100 camere-cantina) ci sono già da stamattina i maggiori player del turismo mondiale: Anthony Swift, (ideatore dell'appuntamento annuale e general manager dell'ente organizzatore, l'agenzia spagnola Wine Pleasures) che stringe la mano a Julie Pegg, la giornalista enogastronomica del magazine canadese Eat. C'è Fernanda Cecchini, assessore al Turismo della Regione Umbria. E c'è, naturalmente, Chiara Lungarotti, presidente del Movimento Turismo Vino, che fa gli onori di casa, orgogliosa di essere riuscita a portare in Italia, e proprio nella sua Umbria, la conferenza internazionale: “Gli altri Paesi erano molto agguerriti e competitivi”, confida a Tre Bicchieri. Una soddisfazione doppia, quindi, e proprio nell'anno in cui scade il suo mandato dopo sei anni di presidenza.
Tra gli altri volti noti anche Marcello Lunelli delle Cantine Ferrari e la master of wine Jane Hunt pronta a proporre una seduta di degustazione. E già dalle prime battute si capisce che il fil rouge dell'evento sarà la multimedialità: tutto il popolo dell'enoturismo è concentrato su iPhone, iPod e iPad. È lì che si scarica l'applicazione Wine Tourism Conference: un click per conoscere biografia degli speaker, programma del giorno, acquistare i tour pre e dopo conferenza tra Umbria, Marche e Toscana, vedere le foto da Wine Pleasure Blog e seguire l'evento su Twitter.
E non può certo sfuggire l'attimo di smarrimento nello sguardo dei presenti nel leggere sull'iphone il primo appuntamento del giorno: “Il turismo del vino non esiste”. Una provocazione. L'autore della “coraggiosa” affermazione, che inaugura ufficialmente l'Iwinetc, è Michael Wabgbickler dell'agenzia statunitense Blazac Communication&Marketing. “Troppo spesso, le cantine e le regioni vinicole fanno l'errore di pensare che i loro ospiti siano principalmente interessati al vino – dice Wabgbickler con alla mano il report dell'Expedia Cruise Ship Center della Napa Valley – ma in realtà il turista resta turista qualunque siano le sue passioni primarie. Indovinate un po'? Solo un piccolissimo segmento ha interesse a conoscere il ph del vino o la percentuale di antocianine e tannini. Nel mercato statunitense, dove solo il 20% dei consumatori può definirsi core wine drinker, forse appena l'1% si aspetta che una vacanza gli riveli informazioni tanto dettagliate sul vino”.
Allora il consiglio di Wabgbickler è semplice: “Invece di concentrare gli sforzi su questa minoranza, bisognerebbe pensare in modo più strategico. La domanda giusta da porsi è: cosa vorrebbero fare gli amici e le famiglie dei wine lovers arrivati al terzo giorno di visita in una regione del vino? L'Italia ha tutte le capacità per diventare la meta prediletta per le vacanze enoturistiche, ma dovrebbe lavorare molto di più su questo aspetto globale”.
La tre giorni di Perugia servirà anche a questo. Capire i punti di forza e di debolezza del sistema. Partendo da una riflessione. Come si presenta l'Italia a questo appuntamento internazionale? “Un po' frammentata – ammette la presidente Lungarotti – C'è poco dialogo tra i diversi settori, tra le associazioni del turismo e soprattutto tra le Regioni”. Eppure di cose da dire ce ne sono tante: dalla notizia (fresca fresca) dei tanto attesi criteri nazionali unici per la classificazione degli agriturismi, ai prezzi ancora troppo alti (25%in più di Francia e Spagna), all'Imu sugli immobili rurali. Domani si parlerà delle case history estere. Vedremo cosa l'Italia ha da imparare...
Loredana Sottile
30/01/2012