Vino italiano in Sol Levante: la guida vini in giapponese e le nuove abitudini dei nipponici

17 Giu 2014, 08:13 | a cura di Eleonora Guerini
La guida Vini d'Italia del Gambero Rosso adesso parla anche giapponese. Nuove opportunità per inserirsi in un mercato dove il divario Francia-Italia si assottiglia sempre più, grazie al successo dei vini più casual. Complice l'urbanizzazione e la “quotidianizzazione” dei consumi.
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Pochi giorni fa il Gambero Rosso e Kodansha – tra le più importanti case editrici del Giappone - hanno presentato, nella moderna cornice dell’Istituto Italiano di Cultura progettato da Gae Aulenti, la prima edizione giapponese di Vini d’Italia, cui è seguita la degustazione di una quarantina di aziende presenti in guida. Un momento importante, a sancire una partnership la cui origine si può rintracciare nelle corde delle due culture. Quello italiano e quello giapponese sono certo due mondi molti lontani, con più divergenze che punti di connessione, a eccezione di una comune tendenza al bello estetico e all’esaltazione del gusto, risultato di una ricerca maniacale all’origine del prodotto. Lo dimostrano i numeri: il mercato del vino italiano non ha eguali negli altri Paesi dell’Est e del Sudest asiatico. Una prima ragione va ricercata nel fatto che la produzione di vino in Giappone risale alla fine del 1800, quando un periodo di carenza di riso costrinse il governo a pensare a un’alternativa per la produzione di alcol. La regione più sfruttata per la produzione di vino è il Kanto, non lontano da Tokyo, e l’uva che meglio si è adattata alle condizioni climatiche e parassitarie il koshu, di origine cinese. Il consumo pro capite di vino è oggi di circa 2,6 litri all’anno, il più alto nel mondo asiatico. Una quantità che è stata favorita negli ultimi vent’anni da diversi fattori: maggiore conoscenza del vino acquisita durante i viaggi all’estero (i giapponesi sono nel mondo orientale quelli che hanno viaggiato da più tempo in quello occidentale, anche da turisti), crescente occidentalizzazione nello stile di vita, progressiva liberalizzazione delle licenze per la vendita al dettaglio degli alcolici e campagne educative a sottolineare le qualità anche salutari del vino, soprattutto rosso, per la presenza dei polifenoli. La domanda del vino mostra un crescente orientamento verso i vini importati.

Anche se è la Francia a detenere il primato, con un valore in euro pari a circa 600 milioni contro i 170 di quelli italiani, uno sguardo al recente passato mostra un dato incoraggiante. Il divario tra i due valori infatti sta andando via via diminuendo se si pensa che solo nel 2008 il rapporto stava quasi 6 a 1 (570 milioni per la Francia contro 110 per l’Italia). Nel giro di cinque anni siamo passati a circa 3,5 a 1.

La distribuzione del vino importato prevede diversi passaggi, soprattutto se al di fuori della GDO. Sia che il vino importato entri nel Paese attraverso un importatore o un eventuale produttore giapponese – sono molti quelli che operano anche nell’importazione - il passaggio necessario avviene attraverso i grossisti di primo livello, i quali distribuiscono direttamente ai dettaglianti o ai ristoratori oppure, ed è il meccanismo più comune, ai grossisti di secondo livello, cosiddetti grossisti di sportello, che effettuano piccole ma frequenti consegne, soprattutto a realtà che non dispongono di spazi per lo stoccaggio, come dettaglianti e ristoratori. Il prezzo del vino può variare da 3 a 5 volte quello Ex-Works (EXW) del fornitore italiano, senza considerare la problematica legata ai dazi doganali e all’imposta sugli alcolici. I primi variano a seconda della tipologia – spumanti o fermi – e delle dimensioni del contenitore – fino a 2 litri, da 2 a 150 litri, oltre 150 litri; i secondi a seconda della tipologia, vini o vini dolcificati.

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In questo quadro, certamente più favorevole di molti Paesi a noi più vicini, un’ultima riflessione su come l’urbanizzazione sia uno tra gli elementi di maggior importanza nella diffusione del vino – soprattutto quello italiano - in Giappone. A partire dai giovani che mostrano maggiore familiarità con la nostra cucina e hanno l’abitudine a utilizzare mezzi pubblici per spostarsi, visto che i controlli e le sanzioni per guida in stato di ebrezza sono molto severi. Un cambiamento di abitudini rilevante.

Infine le considerazioni di Isao Miyajima, grande esperto di vino e traduttore della guida in giapponese, cui abbiamo chiesto di raccontare con l’occhio autoctono l’iniziativa: “Questa prima edizione giapponese della guida Vini d’Italia è davvero importante per il mercato nipponico, cosa d’altronde ampiamente confermata dall’impressionante presenza di pubblico all’Istituto Italiano di Cultura e dal grande sostegno da parte dell’Ambasciata Italiana. Il consumatore giapponese è molto curioso, vuole avere informazioni sul vino che beve e vuole sapere chi c’è e che storia c’è dietro il bicchiere di cui sta godendo. È un popolo che ama studiare e imparare. Da questo punto di vista una guida ampia ed esauriente come quella del Gambero Rosso è di fondamentale importanza e sono certo avrà grande successo. È anche molto apprezzato il fatto che il Gambero Rosso organizzi questo tipo di eventi, portando produttori di qualità: un’occasione per conoscere cose nuove e scambiare visioni e opinioni. Infine, per quanto riguarda il mercato del vino, si nota un cambiamento nel consumo, oggi più quotidiano e popolare: se una volta si beveva vino solo in occasioni speciali oggi si consuma normalmente. Per questo stanno avendo molto successo tipologie più casual come Prosecco, Chianti e Lambrusco. Certo si tratta di una fascia di prezzo medio, ma il fenomeno va guardato nel lungo periodo, e il primo passo è consolidare l’abitudine di bere vino nel quotidiano. Una volta fatto questo anche i vini di fascia superiore ne beneficeranno”.

a cura di Eleonora Guerini

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 12 giugno.
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