Cucina ligure. L'abc dei prodotti tipici della regione

7 Feb 2023, 10:58 | a cura di
Pasta fresca, pesto, ma anche carciofi e aglio: la cucina ligure raccontata attraverso i suoi prodotti simbolo.

Un entroterra disegnato da terrazzamenti di vigne e uliveti e una costa straordinaria punteggiata da borghi antichi che custodiscono le tradizioni storiche del luogo: la Liguria è una striscia di terra ricca di materie prime semplici ma squisite, che danno vita a piatti d'eccezione. Ecco i prodotti più rappresentativi della regione.

I prodotti tipici liguri

Aglio di Vessalico

Varietà antica tipica dell'omonimo comune dell'Alte Valle Arroscia, nell'entroterra di Albegna, confezionata e venduta in lunghe trecce. Si tratta di un aglio dall'aroma delicato e il sapore intenso, leggermente piccante.

Baci di Alassio

Alassio è una cittadina in provincia di Savona nota sia per la sua invidiabile posizione, che la rende una delle più belle località di mare della regione, sia per questi gustosi biscotti. A brevettarli nel 1919, l’azienda Balzola, con la ricetta originale di Rinaldo Balzola, pasticcere personale di Vittorio Emanuele III, Re d’Italia dal 1932 al 1938. Come i baci di dama, anche i baci di Alassio sono formati da due mezze sfere che vengono però farcite con una crema al cioccolato. Per farli servono nocciole tostate, zucchero, cacao amaro, miele, uova, albumi, più panna e cioccolato fondente per la crema.

Biscotti del Lagaccio

A metà fra un biscotto e una fetta biscottata, questi dolcetti portano il nome di un quartiere di Genova. Si preparano con farina, burro, lievito di birra e zucchero, e vengono cotti due volte: prima si inforna il filone per intero, poi lo si taglia e infine si cuociono i singoli biscotti.

canestrelli

Canestrelli

Diffusi in diverse zone d’Italia, dal Piemonte e Valle d’Aosta, i canestrelli liguri si trovano in diverse versioni, ma la ricetta di base prevede, farina, zucchero, burro, tuorli d’uovo e zucchero a velo. Tra le varianti più particolari ci sono i canestrelli di Taggia (Imperia): ciambelle larghe e salate, simili ai taralli pugliesi. Molto più simili alla ricetta originale sono invece i canestrelletti di Torriglia (Genova), biscotti a marchio registrato con disciplinare di produzione.

Carciofo violetto di Albenga

Una delle colture più note della regione, già conosciuta ai tempi di Napoleone Bonaparte: fra i primi a citarlo, infatti, il conte Gilbert Chabrol de Volvic, incaricato da parte del governo francese a inviare le relazioni a Napoleone. Oltre al colore, si distingue per la consistenza delle foglie interne, particolarmente tenere, e il sapore dolce.

Chinotto di Savona

Agrume di colore arancio proveniente da una pianta originaria della Cina, coltivata nel territorio della Riviera, da Varazze a Finale. Si consuma fresco o candito, ma può essere anche conservato sotto spirito. Dall'estratto del frutto, si ricava il celebre chinotto, bibita analcolica di colore scuro e dal gusto amarognolo.

farinata

Farinata

Una torta salata molto bassa – creata impastando farina di ceci, acqua, sale e olio extravergine di oliva – dalla storia antica. La leggenda narra che sia stata una battaglia, quella fra Genova e Pisa del 1284 (conosciuta come battaglia della Meloria) a generare le condizioni perché questa ricetta fosse messa a punto, complice un evento sfortunato: una terribile tempesta durante la quale, in una galea genovese, alcuni barili d’olio e dei sacchi di ceci si rovesciarono, inzuppandosi di acqua salata. I marinai cercarono di recuperare il più possibile di queste preziose provviste, mettendo in alcuni contenitori purea di ceci, acqua e olio d’oliva. Lasciato al sole per un giorno, questo impasto divenne secco, ma i membri dell’equipaggio, presi dai morsi della fame, la mangiarono voracemente, accorgendosi così della sua bontà. Una volta tornati sulla terraferma i genovesi pensarono di migliorare la ricetta scoperta per caso, cuocendo la purea in forno.

focaccia genovese

Focaccia genovese

Nota in città con il nome dialettale di fugàssa (letteralmente “cotta sul focolare”) è una delle preparazioni più popolari del capoluogo ligure: una sorta di pane alto un paio di centimetri, “pizzicato” in superficie e ricoperto da una miscela di acqua e olio extravergine d’oliva, oltre che da granelli di sale grosso.

focaccia di Recco

Focaccia di Recco

Spesso confusa con la focaccia genovese al formaggio, la preparazione tipica di Recco è in realtà una pietanza ben diversa, caratterizzata dalla dolcezza della crescenza che ne costituisce il ripieno. La ricetta – usata anche a Sori, Camogli e Avegno – ha ottenuto l’Igp nel 2012. La differenza sostanziale con la focaccia genovese sta nell'assenza del lievito.

mandilli de sea

Mandilli de sea

Mandilli de sea, ovvero fazzoletti di seta. Delle sfoglie sottilissime, quasi trasparenti, cotte in abbondante acqua salata e condite con i diversi sughi locali, a seconda della zona. Una pasta nata nel periodo rinascimentale, quando l’abilità di un cuoco veniva misurata in base alla sua bravura nella stesura e chiusura della sfoglia: più sottile e minuta era, più abile e capace veniva considerato lo chef. I tortellini, per esempio, dovevano essere grandi come ceci, e fra le paste più apprezzate vi erano i capelli d’angelo, formato tipico del Lazio ma molto diffuso anche in Liguria, nato all’interno dei monasteri medioevali, dove le monache erano solite prepararli per gli ammalati o le puerpere.

pandolce

Pandolce

Lo chiamano panettone genovese, ma il pandolce ligure si differenzia dalla ricetta milanese per l’impiego del vino zibibbo, la zucca candita, il cedro candito, i semi di finocchio e l’acqua di bergamotto. Detto pan du bambin nel sanremese, il dolce viene confezionato in due varianti principali: quella alta classica e quella più bassotta, con lievito chimico, veloce da preparare e nata in tempi recenti. In passato, veniva portato in tavola dal più giovane dei commensali, con un rametto di alloro inserito nel mezzo dell’impasto a simboleggiare fortuna e buon auspicio, e servito al più anziano della casa, che aveva il compito di tagliarlo e distribuirlo. Senza dimenticare di tenere da parte due fette, una per il primo bisognoso che avrebbe bussato alla porta e un’altra per il giorno di San Biagio, il 3 febbraio.

Panissa

Stessi ingredienti della farinata - a parte l'olio d'oliva, qui assente - ma procedimento diverso: per fare la panissa si mescolano acqua, sale e farina di ceci, si mette il composto sul fuoco per farlo addensare e poi lo si rovescia in dei piatti fondi. Una volta solidificato, viene tagliato a cubetti, che vengono serviti freddi o tiepidi conditi con olio e limone. Variante genovese è quella delle panissette, ovvero cubetti di impasto fritti.

pansotti

Pansotti

Gè in preixun (letteralmente “bietole in prigione”) a Genova, i pansotti (o pansoti) devono il loro nome alla forma panciuta e rigonfia che li caratterizza. Si tratta di una pasta di acqua, farina e vino bianco ripiena di preboggion (tipica miscela di erbe spontanee), ricotta e parmigiano, presentata ufficialmente per la prima volta nel ’61 a un festival gastronomico di Nervi. Le loro origini, in realtà, sono ben più antiche, e strettamente correlate alla tradizione della festa di San Giuseppe, da sempre in tempo di digiuno quaresimale, momento in cui i liguri celebravano la tavola con un raviolo di magro. Condimento tipico è quello con noci e pinoli, nato attorno all’Ottocento.

Pasta di acciughe

Un condimento dalla consistenza cremosa, fatto con acciughe pestate al mortaio e un quantitativo di sale che varia a seconda delle necessità di conservazione.

pesto

Pesto alla genovese

Per preparare un pesto a regola d'arte occorre una buona dose di manualità e dimestichezza con gli strumenti – il mortaio di marmo e il pestello di legno – ma non esiste un metodo codificato per realizzarlo. Primordiale antenato della ricetta è il moretum romano, mix di erbe, pecorino, sale, olio d’oliva e aceto, anche se le prime tracce scritte risalgono all’Ottocento, con il volume “La vera cuciniera genovese” di Emanuele Rossi, che cita per la prima volta la salsa. Ma c’è anche chi ritiene che si tratti di un’evoluzione dell’agliata (aggiada in dialetto genovese), fatta con aglio, mollica di pane, olio d’oliva, vino e aceto, solitamente utilizzata per accompagnare il pesce. Gli abbinamenti ideali? Pasta – trofie e trenette in primis – lasagne, timballi, torte rustiche e minestrone. Gli ingredienti base? Olio extravergine di oliva, basilico, parmigiano, Fiore Sardo, pinoli, aglio.

Robiola della Val Bormida

Formaggio a pasta molle prodotto con latte ovino, privo di crosta e dal colore bianco. Il sapore è piuttosto delicato.

Taggiasca

Non è l'unica cultivar della regione, ma sicuramente è la più famosa: la taggiasca è un'oliva a duplice attinenza, ovvero adatta sia a essere consumata come oliva da mensa, che a essere impiegata per la produzione dell'extravergine. Generalmente dà origine a oli delicati.

torta pasqualina

Torta Pasqualina

La leggenda vuole che un tempo le massaie sovrapponevano ben 33 strati di sfoglia per omaggiare l'età di Cristo; all'interno del guscio di pasta sottile, ricotta, bieta, spinaci ed erbe di campo. Le prime testimonianze scritte risalgono al Quattrocento, quando la torta pasqualina era nota con il nome di “gattafura”, oggi è una preparazione onnipresente sulle tavole genevosi (e più in generale quelle liguri), e celebra l'arrivo della primavera.

trenette al pesto

Trenette

Uno dei formati più celebri della regione, perfetto co-protagonista di una delle ricette più note della tradizione come la pasta con patate, fagiolini e pesto, le trenette sono un formato di acqua e semola nato come “pasta avvantaggiata”, ovvero con una parte di farina integrale, che in passato aveva un prezzo inferiore rispetto a quella bianca, e una percentuale bassa (circa il 20%) di farina di castagne. Se patate, fagiolini e pesto sono il condimento più noto delle trenette (talvolta sostituite dalle trofie), un altro abbinamento da provare è quello più antico de La Spezia, a base di ragù di fagioli.

trofie al pesto

Trofie

L’altra pasta celebre della Liguria sono le trofie (o rechelline, trofiette, troffie, troffiette), dei pezzetti di impasto acqua e farine sfregati fra le mani fino a ottenere la tipica forma a fusillo, un po’ più chiuso e allungato. Anche le trofie in origine erano nate per soddisfare le esigenze delle famiglie meno abbienti, preparate con farina di grano arricchita con crusca o patate, o pane, oppure ancora farina di castagne e acqua. Oltre al condimento con fagiolini, pesto e patate, vengono spesso consumate anche solo con pesto, oppure pesto e fave (soprattutto a Recco), anche se il formato oggi viene impiegato per tanti tipi di sughi diversi. Due le teorie all’origine del nome: la derivazione greca trophè, che significa nutrimento, oppure il dialetto genovese strogissià, strofinare. Fra le preparazioni storiche delle trofie, quella a base di formaggella fusa di latte vaccino, tipica della Valbrevenna.

a cura di Michela Becchi

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