Tutti contro il Montepulciano d’Abruzzo. Marche e Puglia dicono no all’esclusiva del nome

9 Set 2023, 10:58 | a cura di
Dopo le Marche anche la Puglia dice no all’esclusiva del nome Montepulciano per la Doc abruzzese: “Basta deroghe. Bisogna rispettare i principi della corretta comunicazione”. Nel dibattito interviene anche il Nobile.

Tre millimetri. Solo tre millimetri o poco più rischiano di creare una guerra di tutti contro tutti. Anzi tutti contro uno: il Montepulciano d’Abruzzo e il Consorzio che lo tutela. Parliamo dei tre millimetri previsti per inserire in retroetichetta i nomi dei vitigni che compongono i blend dei vini a denominazione, così come previsto dal nuovo Decreto ministeriale in attesa di approvazione. Novità osteggiata dal Consorzio Vini d’Abruzzo che, invece, vorrebbe l’esclusiva del nome montepulciano (vedi intervista a Carlo Alberto Panont) come è stato fino a ora, nonostante il vitigno sia coltivato in quasi tutte le regioni italiane per un totale di 35 mila ettari, 2 Docg, 36 Doc e 88 Igt.

Anche i produttori pugliesi contro l’Abruzzo

Dopo la dura presa di posizione dei produttori marchigiani, con la levata di scudi dapprima dell’Istituto marchigiano di tutela vini e, a seguire, della produttrice Angela Velenosi, arriva anche l’attacco del Consorzio vini Doc Castel del Monte. “Inserire i nomi dei vitigni in retroetichetta è semplice informazione al pubblico”, esordisce così, interpellato dal Gambero Rosso, il vicepresidente del Consorzio pugliese Sebastiano de Corato. “Era da anni che aspettavamo di poterlo fare (nella Doc Castel del Monte la percentuale di montepulciano arriva fino al 35%; ndr) e adesso che la legge ce lo consente dovremmo rinunciare ancora una volta”.

De Corato: “L’Abruzzo ha beneficiato di una deroga, ma adesso basta”

Quell’ancora una volta riporta indietro negli anni, quanto la questione ebbe origine, ovvero, come ricorda de Corato “a seguito di un’interpellanza da parte di un produttore non abruzzese in merito alla possibilità di utilizzare il nome montepulciano in retroetichetta e nei materiali informativi. Il no esplicito della Repressione frodi a tale richiesta chiuse la questione”. “Anche allora” ricorda il produttore “lo trovammo ingiusto perché non c’è un altro caso simile. Inoltre, di solito la normativa europea protegge in primis i luoghi d’origine (in questo caso, quindi sarebbe toccato al Nobile di Montepulciano; ndr) e solo in secondo luogo i vitigni. Ma nel caso del Montepulciano d’Abruzzo fu introdotta una deroga, da cui però noi, e i consorzi che utilizzano il vitigno montepulciano rimanemmo fuori. Adesso, però, dopo il danno non possiamo accettare anche la beffa: chi fino ad ora ha usufruito della deroga si arroga ancora una volta il diritto di utilizzare il nome del vitigno, impedendo a noi di poterlo fare anche solo a livello informativo”.

Per de Corato si tratterebbe di una posizione populista che, però, “finirà per isolare il consorzio abruzzese”. E sulla proposta del Consorzio guidato da Nicodemi di utilizzare il sinonimo corvisco rilancia: “Iniziassero gli abruzzesi a farlo e a quel punto noi li seguiremmo”.

Il Nobile di Montepulciano si prende la sua rivincita

Come se non bastasse, i malumori di queste settimane hanno fatto risvegliare i vecchi rancori assopiti tra il Montepulciano d’Abruzzo e il Nobile di Montepulciano. I toscani, nei giorni scorsi, hanno infatti voluto chiarire che nell’annosa vicenda che contrapponeva i due Consorzi non furono loro a perdere la battaglia legale (come erroneamente riportato da alcune testate), piuttosto il ricorso dell’ente toscano in sede europea, fu ritirato “per riaprire ad un dialogo che nel 2012 confluì in un accordo sottoscritto dal Ministero delle Politiche Agricole e dalle Regioni di riferimento. Il documento di collaborazione però, purtroppo, soprattutto sul fronte abruzzese, non trovò molta responsività nella pratica dei fatti”.

Da lì il Consorzio del Nobile decise di andare per la sua strada, portando avanti un percorso con la Regione Toscana fino alla modifica del Disciplinare di produzione nel 2021 con l’obbligatorietà di inserire in etichetta “Toscana”, proprio per venire meno alla confusione di mercato che si creava tra le nomenclature. “In quell’occasione, tuttavia, cercammo di far capire la pericolosità dell’utilizzo del nome di un vitigno come denominazioneè l’affondo del Consorzio toscano “pericolo che alla luce del Dm è diventato realtà per alcune realtà vitivinicole italiane, non solo abruzzesi”.

Se la vendetta è un piatto che va servito freddo, quale migliore occasione per togliersi qualche sassolino dalle scarpe?

L'articolo completo è stato pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri del 7 settembre 2023

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