Focus Vinitaly. Analisi di un successo regionale: il sistema Veneto

8 Apr 2016, 10:00 | a cura di

Dal modello Prosecco ai vini di Verona, la regione vitivinicola più produttiva d’Italia conferma i suoi primati e continua a guardare al futuro, con la nuova Doc delle Venezie Pinot Grigio. A pochi giorni da Vinitaly, che non a caso nasce in questo territorio, cerchiamo di capire cosa c’è dietro questa “macchina da guerra”.


Un panorama in crescita

Non è certo una novità che il Veneto sia una delle regioni di punta del vino italiano. Negli ultimi anni ha spiccato il volo, portando a casa degli importanti primati produttivi, tra cui un formidabile incremento dell’export (€ 1.834.474 mld) tanto che negli ultimi 10 anni il valore delle esportazioni di vino è aumentato del 93%. Risultati che gli hanno permesso di lasciare a diversa distanza, Piemonte (€ 964.794 mln) e Toscana (€ 902.419 mln), due tra le più qualificate e conosciute regioni vinicole italiane, a loro volta in crescita. I motivi dell’allungo sono diversi, a partire dall’esplosione di alcuni fenomeni di mercato quali il Prosecco, la Valpolicella, ma anche Bardolino e più recentemente il Lugana. Infatti, tutta la partita, numeri alla mano, si gioca tra i due poli di riferimento del settore vitivinicolo regionale: il “mondo Prosecco” cioè il Prosecco Doc e i due Docg, Prosecco Superiore e Asolo, che rappresentano il 61,9% della produzione, e il “sistema Verona” con i suoi Valpolicella, Soave, Bardolino e Bianco di Custoza, con il 27,1%, dall’altra.

 

A crescere sono anche i vigneti - un fenomeno assai raro tra le regioni italiane - tanto che, in base ai dati dello Schedario viticolo regionale, nel 2015 la superficie vitata ha raggiunto gli 80 mila ettari, grazie anche all’acquisizione da fuori regione di diritti d’impianto. Insomma è un modello in grado di premiare gli sforzi del settore: le quotazioni medie provinciali delle uve vedono Treviso in testa con 0,74 euro/kg contro 0,70 di Verona e 0,51 di Padova, mentre la media regionale delle quotazioni è salita a 0,65 euro/kg, in aumento del 14,7% rispetto al 2014.

 

Modelli di riferimento internazionali

C’è una realtà veneta fatta di grandi successi come il Prosecco, il Lugana e il Valpolicella” è il commento di Luca Giavi, direttore del Consorzio Prosecco Doc“Non so se è un sistema, ma queste denominazioni funzionano bene. Noi come Prosecco abbiamo un progetto e forse è proprio questa la differenza con gli altri, anche perché siamo una denominazione di dimensione europea, per estensione, produzione e qualità del prodotto. E guardiamo a Bordeaux come modello di riferimento per come stare sui mercati internazionali”.

 

Un sistema che funziona

Il sistema del vino veneto” gli fa eco Giancarlo Vettorello, direttore del Consorzio di tutela Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg“funziona perché si basa sulla condivisione, e anche perché è parte integrante del più grande sistema Italia. Funziona perché abbiamo saputo coniugare grandi eccellenze e grandi volumi di produzione”. La capacità di pianificare scelte in grado di vedere lontano può spiegare in parte i successi odierni, senza dimenticare però gli effetti degli investimenti, in vigna, in cantina e in conoscenza, di tante aziende private e delle cooperative che insieme ai Piani di sviluppo regionale (Psr) hanno permesso di rendere competitivi i vini veneti su tutti i mercati. “Quando i produttori, grandi o piccoli, girano spesso il mondo sono loro stessi a portare le innovazione” continua Vettorello “anche perché devono raccogliere gli stimoli di clienti e di mercati assai diversi tra loro”.

 

Uvive: Unione dei vini veneti

Ma affinché la macchina funzioni è fondamentale non lasciare nulla a caso, e infatti, il sistema Veneto, già in passato, aveva prefigurato delle forme organizzative in grado di intercettare i bisogni dei territori. Come è il caso dell’Uvive (Unione dei vini veneti). “Da quando sono diventato presidente Uvive” ci dice Arturo Stocchetti ho cercato di trasmettere ai miei colleghi degli altri consorzi, la necessità fare squadra insieme, senza perdere nulla della propria identità, ma abbattendo i muri e i campanili che in passato ci hanno divisi. D’altra parte, il settore vinicolo ha la necessità di avere una voce unica nei confronti della politica, regionale e nazionale, se vogliamo contare nei tavoli dove si prendono decisioni che hanno, sempre e comunque, ricadute sul settore”.

Come esempio del valore positivo di Uvive, Christian Marchesini, presidente del Consorzio Valpolicella, cita le iniziative estere comuni negli Usa, ma soprattutto la creazione delle condizioni tali per cui ora è possibile fare una domanda unica per accedere al Psr: “Ognuno” spiega “elabora la sua parte in base alle esigenze della propria denominazione, ma poi si arriva a una richiesta che vale per tutti. È una semplificazione per la politica, ma lo è anche per noi”. Commenta Arturo Stocchetti: “Il sistema che non riesce a incidere sui meccanismi è monco, per questo anche i rapporti con la politica diventano più facili”. Nonostante la presenza di colossi come il Prosecco, la Valpolicella e lo stesso Soave, l’esistenza dei piccoli consorzi in rappresentanza di realtà produttive limitate, in Uvive non è affatto in pericolo. “Il nostro” conclude Stocchetti“è un sistema per aggregare, e proprio grazie a questa impostazione, riusciamo a mantenerli in vita e a sostenerli”.

 

Avive: Associazione vini veronesi

Franco Cristoforetti è il presidente del Consorzio di tutela del vino Bardolino, ma dallo scorso 30 marzo è anche il nuovo presidente della rinata Avive (Associazione vini veronesi), a cui aderiscono tutti i consorzi del vino veronese: “Il suo compito è di occuparsi del distretto dei vini veronesi e ciò vuol dire mettere in rete centinaia di aziende e consolidare i rapporti tra imprese, territorio e istituzioni. In sostanza si tratta di un tavolo comune per elaborare proposte e fare sistema all’interno di Uvive”. Anche Cristoforetti conferma la linea basata sulla condivisione: “La nostra strategia si basa sull’inclusione, cioè trovare ogni volta un terreno comune per arrivare a un accordo proficuo per tutti: la nostra logica è di non lasciare indietro nessuno”. A differenza di altre regioni vinicole italiane, il Veneto ha un portafoglio di prodotti assai ampio, ma anche caratterizzante della realtà vinicola.

 

L'identità dell'enologia veneta

Osserva Sandro Boscaini, presidente di Masi Agricola, che “l’identità veneta va dal bianco leggero, fresco e fruttato, di prezzo abbordabile come il Pinot grigio, al Prosecco che è diventato lo spumante italiano per antonomasia e poi ai vini piacioni, morbidi e ricchi della Valpolicella. Fino ad arrivare a quelli, sempre della Valpolicella, con un grande passato di storia e di nobiltà ottenuti con l’appassimento o il parziale appassimento delle uve. Non c’è dubbio che queste siano le punte di diamante della Regione. Di questi vini ne facciamo tanti e non sempre siamo così attenti alla qualità. Quando li metti nei supermercati ti devi assoggettare alla loro logica: fai lievitare i numeri ma la quantità può nuocere all’immagine di tutti”. Un altro aspetto è che alcuni dei vini di maggior successo non sono più solo veneti, bensì delle Venezie (Trentino, Veneto e Friuli), come nel caso del Prosecco ma, a quanto pare, anche del Pinot grigio: “Ciò significa unificare un modo di fare ereditato dalla Repubblica di Venezia, da considerare un’interpretazione della Doc più culturale che tecnica, viste le diversità dei territori”. Secondo Boscaini “non si può parlare di un sistema, mentre si può parlare di un modo di fare veneto che, accompagnato ad una certa aggressività commerciale, risulta vincitore nel mondo”.

 

Il rapporto con le istituzioni

Le differenze però non sono solo di giacitura ma anche di approcci, come fa notare Luca Formentini, presidente del Consorzio del Lugana, denominazione che abbraccia comuni veneti e lombardi: “Se in Veneto il settore è molto ascoltato dalle istituzioni, altrettanto non si può dire della Lombardia dove viene considerato un accessorio non strutturale. Diverso è anche l’atteggiamento dell’istituzione veneta, capace di attivare e di delegare ai consorzi una serie di attività che presuppongono una conoscenze dei mercati che i funzionari regionali incaricati non possono avere”. Ulteriore aspetto è la presenza nella regione Veneto di una forte cooperazione che rappresenta più del 60% della produzione: una macchina da guerra che traina l’intero comparto che insieme ai nomi di grande prestigio (Masi, Allegrini, Santa Margherita, ecc.), quindi ai numeri importanti e alla fama consolidata, contribuisce a dare un’immagine forte della regione.

 

L'importanza della formazione e della cultura imprenditoriale

Last but not least, spiega Vasco Boatto, vice-direttore del Centro Interdipartimentale di Ricerche in Viticoltura ed Enologia di Conegliano Veneto: “Non c’è dubbio che questo sistema abbia trovato un terreno fertile anche per la presenza, non solo di una fiera come Vinitaly, ma soprattutto della scuola enologica di Conegliano prima, e della Università poi. Definire oggi il modello veneto significa parlare di immediatezza e di modernità, cioè la possibilità di accogliere le nuove richieste del mercato in tempi brevi, a differenza di chi ha scelto il medio/lungo termine. Dentro questa attitudine c’è una lunga storia e una lunga consuetudine con una cultura imprenditoriale orientata ad intercettare i bisogni di mercato. Però vuol anche dire attenzione alla qualità non solo dei prodotti, ma anche della logistica e alla professionalità in generale”.

Il Veneto è una regione che trae forza da centinaia di piccole aziende che magari non hanno l’immagine prestigiose delle fattorie toscane, ma è fatta di gente abituata a lavorare sodo e bene nel vigneto e in cantina, con la consapevolezza che non basta avere un buon prodotto, ci vogliono anche i buoni imprenditori in grado di portarlo in giro per il mondo. E qui ci sono.

 

a cura di Andrea Gabbrielli

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 7 aprile
 
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