Chi sono i giovani allevatori e casari che lavorano in silenzio fra le colline più alte dell'Appennino romagnolo

15 Gen 2024, 14:51 | a cura di
Cinque storie di pastorizia nascoste dietro una forma di formaggio, un filo d’erba, un prato

Piccole greggi, stalle e pascoli fra le colline più alte che diventano Appennino. Ci sono produzioni casearie in Romagna che raccontano sapori autentici e paesaggi incontaminati. Filiere chiuse e sapienza, sono storie di famiglie, spesso giovani, che raccontano una nuova via possibile, quella della piccola scala che porta all'altissima qualità, capace anche di ricucire il tessuto sociale di luoghi, campagne o borghi, mantenendoli vivi, creando anche una nuova connessione fra l'entroterra e le città.

“Il Buon pastore” dal latte crudo alla lana

Il buon pastore annarosa Nonne nella sala d stagionatura foto di Mauro Monti

Il buon pastore - sala di stagionatura foto di Mauro Monti

Hanno lasciato la città per salvare il gregge di famiglia e sono diventati a loro volta pastori. Annarosa Nonne studiava matematica a Bologna, Andrea Preci lavorava nella stessa città come tecnico, vent'anni fa hanno maturato la scelta di risalire le colline di Montefiore in Valconca dove il padre di lei negli anni Sessanta era arrivato dalla Sardegna con le pecore. Partendo però da un'idea diversa: il latte dei loro animali non lo avrebbero più venduto, ma i formaggi li avrebbero fatti loro, a latte crudo.

Oggi hanno un gregge di circa 200 pecore di cui si occupa Andrea accompagnandolo quotidianamente al pascolo scortato dai loro cani, cosa necessaria perché i lupi sono una presenza concreta. Della produzione, certificata biologica, di ricotte, yogurt e formaggi si occupa invece Annarosa, che da quest'anno ha introdotto anche la lavorazione della lana delle loro pecore. Le pecore del Buon pastore dalla primavera all'autunno pascolano sui prati delle colline circostanti il caseificio, circondati da noceti e boschi. Per l'inverno in stalla, Andrea prepara per loro fieno e cereali sempre prodotti in azienda.

Sono una decina le tipologie di formaggio a latte crudo prodotte dal Buon pastore, fra cui una caciotta con caglio vegetale ricavato dal fiore del cardo selvatico che viene raccolto ai margini dei pascoli. Ciascun formaggio ha la propria stagione e viene affinato con le erbe aromatiche o spontanee del momento, come il finocchietto selvatico a primavera o il rosmarino in inverno, d'estate anche con la paglia. A giugno si raccolgono invece le foglie di noce, ad agosto si va a infossare a Sogliano. Da segnalare la produzione di yogurt ovviamente tutto di latte di pecora Yo-bee; completa la gamma un erborinato sapido e profumato.

Poiché qui si rispetta il ciclo biologico degli animali, il che vuol dire che in autunno quando le pecore vanno “in asciutta” ovvero non hanno agnellini da allattare, il formaggio non si fa, Annarosa ha deciso di utilizzare questo tempo chiudendo la filiera e lavorando la lana, attività con cui ha arricchito quella di fattoria didattica.

«La lana oggi è considerata un rifiuto. Facevamo già un asola tosatura all'anno - spiega Annarosa Nonne -, per buttarne via meno possibile l’abbiamo usata per pacciamature, data a qualche privato che ce l'ha chiesta per lavorarla in proprio. Ma da tempo stavo pensando a come non gettarne più neanche una minima parte. Con 200 pecore di razza sarda e lacaune, di lana ne produciamo al massimo due o tre quintali ogni anno. Per partire ho selezionato i 150 chili migliori e li ho portati a una filanda all’Abetone da cui sono tornata a casa con 95 chili di matasse».

Annarosa ha poi cominciato a studiare le colorazioni naturali e ora tinge alcune delle matasse del filato più sottile con i colori ricavati bollendo fiori, ghiande e malli di noce per ottenere le diverse gradazioni di marrone, foglie di fico per il giallo, bacche di sambuco per l'indaco... Le “ricette” di ogni colore sono frutto di molto studio e altrettanta sperimentazione e vengono gelosamente custodite in un libricino, che documenta filo per filo, “Il filo del Buon pastore”. “La lana è un prodotto antichissimo ma è come se fosse nuovo: in pochi oggi sanno come usarlo e la domanda è tutta da ricreare. Per noi completa un discorso di sostenibilità che abbiamo voluto cominciare facendo i nostri formaggi” dicono in azienda.

Azienda agricola Il Buon pastore via Ca' Santino, Montefiore Conca 0541 985874 - 335 8074499.

Olivia, la capostipite delle capre libere

Olivia storia di una capra, Federico, lia e i figli Vincenzo e Gea al pascolo foto Mauro Monti

Olivia storia di una capra, Federico, lia e i figli Vincenzo e Gea al pascolo foto Mauro Monti

Olivia è la mamma delle prime di 32 capre alpine camosciate che Federico Arenzani e Lia Conti, piemontese lui e riminese lei, allevano fra le grotte e i pascoli della riserva naturale di Onferno. Qui hanno avviato da una manciata di anni la loro azienda agricola dedicata alla capostipite, chiamandola appunto “Olivia, storia di una capra”. Federico e Lia si erano incontrati da woofer, ossia ospiti lavoratori, alla Fattoria Mafalda in Umbria, Olivia viveva lì.

Diventati una coppia, poi una famiglia, Lia e Federico non avevano terra e non erano figli di agricoltori, ora hanno le loro capre a Gemmano dove hanno acquistato stalla e pascoli, prima ancora della loro casa. Nel settembre del 2020, infatti, per un po' di tempo hanno dormito anche in roulotte, mentre portavano qui le prime figlie della capra Olivia per cominciare la loro avventura. Quando è arrivata anche la casa, a pochi passi dalla stalla che si raggiunge attraverso un boschetto seguendo il torrente, hanno cominciato la produzione di formaggi appoggiandosi a un vicino caseificio.

La bontà dei loro formaggi comincia dalla biodiversità dei prati mantenuti con la pratica del pascolo razionale. “Sui circa nove ettari di prato, di cui due all’interno della riserva del parco di Onferno, e dove sta per completarsi il periodo di conversione biologica, ne recinto una porzione alla volta - spiega Federico Arenzani -. Qui lascio le capre a brucare fino a quando c'è erba a loro disposizione, poi le sposto in un'altra porzione recintata. In questo modo gli animali hanno erba sempre fresca e una buona varietà di essenze, mentre il prato, che si concima con la stessa presenza delle capre, ha tutto il tempo per rigenerarsi”.

La doppia mungitura giornaliera delle capre fornisce poi il latte a Lia per produrre i suoi formaggi a latte crudo. Il latte appena munto viene mantenuto a temperatura ambiente per 24 ore favorendo nel corso delle prime 12 ore una coagulazione acida con lattoinnesto proprio, completando poi la fermentazione con caglio omeopatico per altre 12 ore. “Questa tecnica viene utilizzata in particolare nel sud della Francia ma anche in Piemonte per i caprini freschi che stagionano pochissimo o per la robiola”, spiega Lia Conti. I caprini freschi sono il cavallo di battaglia dell'azienda, ma vengono prodotti anche yogurt, un primo sale, alcune forme di erborinato e tome che stagionano fino all’autunno per avere prodotto anche quando le capre sono in asciutta e il formaggio non si fa.

Azienda agricola Olivia, storia di una capra, via Ca' d'Orazio Gemmano (Rn) 3387419021

Bufale di montagna a Fattoria Trapoggio

Fattoria Trapoggio Bufala al pascolo foto Riccardo Liberini

Fattoria Trapoggio Bufala al pascolo foto Riccardo Liberini

Bisogna prima addentrarsi nel bosco arrivare in cima e poi allargare la vista di nuovo sui pascoli, per arrivare alla Fattoria Trapoggio che è lì, in cima alla Val Bidente, nel comune di Santa Sofia, dal 1929. La famiglia Boscherini da allora alleva animali e fa formaggi. La casa contadina sul ciglio della strada, che comprensibilmente non è molto trafficata, contiene al suo interno anche il piccolo caseificio, mentre dal giardino arena dei giochi di bambini e cani di casa, si arriva alle stalle e ai pollai che danno direttamente sulla distesa di prati e boschi a perdita d'occhio verso il Casentino. Lì pascolano, insieme, capre e pecore (un centinaio), mucche (venti), bufale (dieci) tutte solo da latte.

“Le bufale sono arrivate come un esperimento di mio zio - spiega Jenny Boscherini – una decina di anni fa. Poi qui si sono trovate bene e allora abbiamo allargato la famiglia. Non solo producono un latte fenomenale, ma sono anche animali intelligentissimi che interagiscono fra loro e anche con l'uomo in una maniera incredibile”.

In azienda ognuno dà il proprio contributo, babbo Roberto nella stalla e al pascolo, madri e figlie in laboratorio. Oggi è la stessa Jenny, quarta generazione al lavoro in fattoria, insieme alla madre Denise Drei, che trasmette le conoscenze imparate dalla nonna Pia nella produzione di formaggi. “Una volta non ci conosceva nessuno, poi quando ero giovane vennero a lavorare in vallata quelli dell'Eni che facevano scavi per trovare il petrolio -spiega la nonna Pia -, Avevano saputo che noi facevamo i formaggi e venivano a comprarli, il passaparola deve essere cominciato da là, adesso vengono in tanti”.

Nel frattempo la Fattoria ha cominciato a frequentare i mercati nelle valli circostanti, fornisce chef di rango come lo stellato DaGorini nella vallata parallela del Savio, ha recentemente aperto una bottega in paese a Civitella. Fattoria Trapoggio oggi ha in produzione ricotte miste e di capra, squacquerone, raviggiolo del presidio Slow food, stracciatella solo in periodo estivo, bazzotto (un bucciato tipico romagnolo), caciotte, un semistagionato con i tre latti di mucca, pecora e bufala. Proprio con la bufala si produce lo stagionato “Big” e un cremoso e sapido formaggio a crosta fiorita; a base di latte di pecora è l'erborinato, mentre le caciotte in parte vengono infossate a Sogliano. Da applausi lo yogurt di latte di bufala.

Fattoria Trapoggio, via Forese Trapoggio Sp 26 Santa Sofia (FC) 388 3497235

Raviggiolo di famiglia a Il Boschetto

Risalendo il torrente Rabbi si abbandona velocemente l'idea più comune di Romagna fatta di costa e dolci colline, qui si è in montagna. Boschi e pascoli sono l'habitat dei fratelli Stefano e Lorenzo Cucchi che portano avanti l'azienda agricola Il Boschetto e in particolare la stalla, perché al caseificio ci pensa la mamma Paola Galasi, vera esperta nella produzione del raviggiolo, il formaggio morbido e fresco tipico di questa valle, come di quella del Bidente, presidio Slow food. All’azienda agricola Il Boschetto pascolano oggi una novantina di vacche pezzate rosse e alcune bovine bianche romagnole. Dai cereali al fieno, tutto è prodotto in azienda con metodo biologico e tali sono i formaggi che escono dal piccolo caseificio famigliare.

“Il raviggiolo deve essere dolcemente fresco, quasi burroso, e avere il suo tipico sentore di nocciola -spiegano Stefano e Lorenzo -. Per questo, l'ideale sono i foraggi da prati stabili ovvero spontanei e per quel che ci riguarda in alcuni casi secolari”. La fienagione qui è un lavoro che occupa tutta l'estate e la famiglia Cucchi per fare fieno lavora circa 50 ettari di terreno a prato e campi di erba medica con vista sul monte Falterona, garantendosi così la piena autonomia.

Del raviggiolo si occupa Paola Galasi, mamma di Stefano e Lorenzo, che ha imparato a farlo dalla propria madre e dalla suocera. Lo produce due volte a settimana; tradizionalmente si lavora il latte a crudo fino a marzo, ora la produzione si protrae anche per il resto dell'anno,con il latte pastorizzato. A caratterizzare questo formaggio è l'utilizzo della foglia di felce che qui si raccoglie già secca nel bosco a novembre, le foglie poi vengono bollite e se ne pone una sul fondo di ogni cestello di raviggiolo. “Serve per scolare la parte di siero - spiega Paola Galasi -, ma alla felce viene attribuita anche un'azione antibatterica che aiuta a preservare il prodotto, un uso antico forse inconsapevole che è stato tramandato”. Il caseificio di Premilcuore produce anche una favolosa ricotta, yogurt con frutta fresca di stagione, e qualche forma stagionata.

Azienda agricola Il Boschetto, località Ontaneta Premilcuore (FC) 389 2642357

Il Satiro, due fratelli e il ritorno in campagna

il Satiro Lorenzo e Nicola Brighi nella stalla foto di Mauro Monti

il Satiro Lorenzo e Nicola Brighi nella stalla foto di Mauro Monti

Due fratelli e la voglia di cambiare vita nata durante la pandemia. Nicola e Lorenzo Brighi avevano formazione e mestieri differenti, oggi insieme producono formaggi di capra, in un prossimo futuro l'obbiettivo è di avere anche bovini. Direttore commerciale dell'azienda paterna di serramenti e infissi Nicola, il maggiore, e musicista Lorenzo, si sono divisi i compiti dell'azienda agricola “Il Satiro”che hanno avviato in Alta Valmarecchia, ai margini di un bosco, tra Novafeltria e San Leo.

Nicola, forte della sua esperienza commerciale, si concentra sulla parte amministrativa e di vendita, Lorenzo cura le capre, si occupa della mungitura quotidiana, e anche della produzione di formaggi. “Durante il Covid ho pensato che dovevo cambiare qualcosa nella mia vita e riportarmi a contatto con la natura. Da piccoli io e mio fratello andavamo spesso in campagna da mio nonno, tutto deve essere nato da lì - racconta Nicola -. Così ho venduto l'appartamento in centro a Rimini e ho comprato la casa e primi terreni in collina, poi subito dopo sono venuti la stalla e le capre. Siamo partiti da un'idea precisa: fare qualcosa di buono per le nostre vite, ma anche per l'ambiente e tutte le persone che gravitano intorno alla nostra azienda. E ovviamente buoni prodotti”.

Oggi una sessantina di capre camosciate alpine, Santina, Cindy, Berta, Nina, Smilza, Punk, Sminchiolina e le altre, più il becco Anubi, pascolano nei prati stabili e anche nel bosco di Uffogliano soprastante l'area del caseificio, dove è già stato avviato un cantiere per costruire un’altra stalla con fienile per un piccolo numero di bovini e una sala degustazione.

“Poter vivere libere garantisce alle capre anche maggiore salute - spiega Lorenzo -, infatti non usiamo antibiotici e hanno bisogno di poche cure e ricorriamo se necessario a metodi naturali che per ora sono bastati “. Per la produzione di formaggi non si sono improvvisati, Lorenzo ha frequentato l'Accademia internazionale di arte casearia di Carlo Piccoli e ha girato l'Italia a visitare altri allevatori di capre e casari. Oggi produce un'ottima ricotta, caprini freschi, anche aromatizzati al pepe e fiori di sambuco, un cremoso a crosta fiorita, caciotte a latte crudo con diversi livelli di stagionatura affinate anche nel fieno e nel tè nero, uno stagionato semicotto in pezzatura grande. Un obbiettivo: il raviggiolo di capra.

Azienda agricola - Il Satiro Località Uffogliano 150 Novafeltria (RN) 388 6329610

Nella foto di copertina: Jenny Boscherini della Fattoria Trapoggio - foto Riccardo Liberini

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