Il cioccolato è una delle gioie della vita. Non è vero che è nemico della salute e della linea (se consumato con moderazione). Al contrario contiene antiossidanti, i flavonoidi, e sostanze, tra le quali la teobromina e la serotonina, che lo rendono un alimento antidepressivo. Oggi parliamo di quello Venchi, cogliendo l'occasione della notizia della nuova cioccogelateria inaugurata a Padova, nella centralissima via Roma, pochi giorni fa. Cercheremo però di parlarne non tanto dal punto di vista organolettico, ma soprattutto in chiave imprenditoriale. Sì perché Venchi, antica fabbrica di cioccolato (classe 1878), è tornata alla ribalta da poco più di 10 anni grazie a peculiari strategie imprenditoriali. Come spiega Gian Battista Mantelli
, responsabile commerciale e marketing: “L'azienda prima si chiamava Cuba ed era microscopica, quella che oggi si chiama Venchi è stata rilanciata solo agli inizi del 2000. Allora la dirigenza pensò alle modalità con cui rilanciarla: bisognava innanzi tutto educare i consumatori al buon fondente e far capire loro che poteva essere un alimento funzionale, ricco di antiossidanti e adatto anche ai celiaci in quanto senza glutine. Ci siamo chiesti quale fosse la miglior logica per entrare in contatto con i consumatori, la risposta è stata una cioccolateria europea in chiave italiana, che fosse replicabile anche nei luoghi dai grandi flussi di gente, come aeroporti o stazioni. Oltre a raggiungere un grande numero di consumatori, le zone ad alto flusso sono fantastiche perché consentono una continua rotazione dei prodotti, garantendone la freschezza. Questo permette anche al gelato, lanciato nel 2006, di non andare incontro a ossidazione”. Non a caso Venchi è presente nei maggiori aeroporti e nelle principali stazioni italiane e internazionali, tra l'altro ha appena inaugurato un punto vendita nell'Aeroporto di San Paolo (Guarulhos Governatore André Franco Montoro) in Brasile.La strategia di aprire dei punti vendita in luoghi con un grande flusso di persone va di pari passo alla standardizzazione dei prodotti che si vendono. Entrando nel merito di Venchi, non basta produrre un buon cioccolato per venderlo, occorre prestare attenzione anche alla sua replicabilità, per non deludere le aspettative di quel cliente che un giorno si trova nell'aeroporto di Milano e il giorno dopo in quello di Hong Kong. Non solo, è necessario, soprattutto in un campo così competitivo, applicarsi su tutto quello che costituisce il contorno presente nella cioccolateria, con focus particolare sull'ingredientistica, raccontando quali sono e da dove provengono le materie prime utilizzate, quasi a voler rassicurare il consumatore. Ma come si può conciliare la tanto decantata artigianalità con la standardizzazione (necessaria quando si hanno tanti punti vendita in paesi diversi)? “Il segreto per mantenere l'artigianalità con grandi numeri? Semplice: si aumenta il numero dei piccoli impianti e di conseguenza il numero delle persone specializzate che vi lavorano. Da 36 dipendenti alla fine degli anni Novanta siamo arrivati ad averne 156. Così come da 9 persone che lavoravano nei punti vendita siamo arrivati ai 136 attuali. La standardizzazione è invece data dal fatto che il nostro cioccolato nasce come un blend studiato, dove vengono lavorate dalle sei alle otto origini di cioccolato diverse che consentono un equilibrio olfattivo, gustativo e retro gustativo. Facendo poi un ulteriore passo indietro, noi controlliamo la materia prima a monte: tramite il Progetto Bio in Ecuador abbiamo coinvolto quattrocentocinquanta famiglie locali, che coltivano il cacao e lo trasformano secondo il nostro disciplinare. Quindi fermentazione e tostatura sono fatte in loco secondo lo standard di qualità Venchi. Una volta pronte, le masse di cacao in purezza, vengono lavorate a Cuneo e blendizzate seguendo le nostre ricette. Tutto viene fatto a Cuneo da una manodopera straordinaria e quasi tutta al femminile. E qui ritorna il concetto di artigianalità...”. Nonostante dunque dimensioni e numeri siano cambiati, lo stabilimento dove vengono blendizzate le masse di cacao rimane uno solo, facile da gestire e semplice da controllare.
Il discorso non finisce qui perché se è vero che la qualità del cacao dipende dal territorio dove viene coltivato e dai processi di trasformazione guidati da un disciplinare scritto, è altrettanto vero che il prodotto finito (quel cioccolatino che tanto bramate) dipende dalla qualità del cacao e dalla maestria della manodopera cuneense. Ma come si può garantire questo standard nei diversi punti vendita sparsi in tutto il mondo? Forse per le tavolette, i cioccolatini o le creme la questione è relativamente facile: basta rispettare la catena del freddo durante il trasporto. Ma che ne è del gelato? È qui che le cose si complicano: come mantenere l'artigianalità e la costanza del risultato? “A Cuneo si preparano delle vaschette predosate (per quattro chili di gelato), con le masse di cacao e non solo, da inviare nei vari laboratori. E questi piccoli lotti ci consentono di garantire alti standard qualitativi. Poi, siccome in tutti i negozi c'è il laboratorio di produzione, alle vaschette predosate vengono aggiunti latte (siamo in collaborazione con Granarolo, che ogni giorno porta il latte a ogni laboratorio), acqua, zucchero, uova bio, panna, semi di carrube, a seconda delle varie ricette. Altra cosa da sottolineare è che non utilizziamo le basi ma ciascuna famiglia di gusti ha una ricetta a parte che bilancia ad hoc i vari ingredienti. Solo per fare un esempio, proponiamo il cuor di cacao con cioccolato extra fondente 75% e latte oppure, per i puristi del cioccolato, abbiamo studiato due ricette: azteca e amazzonica, dove vengono inglobati solo acqua e zucchero per mantenere la parte aromatica della massa di cacao al 75% inalterata”.
Ancor più complesso è controllare gli standard qualitativi all'estero.“Cerchiamo di instaurare delle partnership, no franchising, con imprenditori mossi da una reale passione per il cioccolato. A Tokyo, Chicago o New York, il nostro partner è Eataly. Mentre in Brasile (Rio e San Paolo) abbiamo delle partnership con imprenditori locali, i quali si sono innamorati dell'azienda e del progetto in generale. Inoltre contiamo sui controlli dei responsabili estero che si trovano in loco. A volte capita che siano gli stessi dipendenti a voler trasferirsi all'estero. Le cose sembrano funzionare. Pensate che tutto il cioccolato che attualmente è in azienda è già stato venduto. Venchi vive sulle prenotazioni ed è per questo che non accettiamo (perché non siamo in grado di sopperire) ordini urgenti”. Questa è una delle tante realtà nate piccole, cresciute in Italia e diventate internazionali. Una multinazionale tascabile che, per crescere, non ha voltato le spalle alla qualità del prodotto.
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a cura di Annalisa Zordan