Busti del duce, panini Benito e grembiuli neri. La salumeria dove va in scena il remake fascista

19 Gen 2024, 17:34 | a cura di
A poche ore dalla sentenza della Cassazione, che ha ristretto la punibilità del saluto romano vincolandola ai casi in cui sarebbe «concreto pericolo di riorganizzazione del partito (fascista)», il nostalgico regno di salumi e formaggi di Giovanni Castiello è una commistione tra sapori del territorio e slanci verso un passato ripudiato dalla Costituzione

Il “Benitos” ha i colori dell’Italia. «Stracciatella, prosciutto crudo e basilico, qui è uno di quelli che vanno più forte», spiega orgoglioso Giovanni Castiello. Qui ed ora, anno 2024: accade a Vico Equense, nel cuore della Penisola sorrentina, in una bottega gastronomica che - tra busti, calendari e ritagli di giornali d’antan - è un tempio a Mussolini e al Ventennio. «Sono fascista da quando avevo 14 anni, ero iscritto al Movimento Sociale», spiega candidamente il titolare, sessantadue anni. «Ma la prima cliente, tutte le mattine, è una comunista sfegatata ed è così bello confrontarci», aggiunge.

La sentenza della Cassazione sul saluto fascista

A poche ore da una nuova sentenza della Cassazione, che ha ristretto la punibilità del saluto romano e dell’apologia del fascismo, vincolandola ai casi in cui sarebbe «concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito (fascista)», il nostalgico regno di salumi e formaggi di Giovanni è dunque una commistione tra irresistibili sapori del territorio («Soprattutto della Penisola sorrentina, lo scriva») e slanci verso un passato ripudiato dalla Costituzione.

Lui, Castiello, dà il meglio di sé (o il peggio, fate voi) il sabato, quando indossa un grembiule (rigorosamente nero, ça va sans dire) con la faccia del duce. Tra gli affollatissimi scaffali, Mussolini compare persino sulle etichette di una serie di bottiglie di vino: finirono al centro di uno scandalo nazionale nel 2007, dopo la protesta ufficiale dell’associazione dei parenti delle vittime dell’Olocausto.
Poi, però, c’è tutto il resto. Grossolanamente sintetizzato nell’insegna all’ingresso del locale di corso Nicotera («Di Giovanni tre cose tene belle ‘o pane, ‘o prosciutto e ‘a mozzarella», non serve traduzione), tradotto in pranzi al sacco che i turisti, in particolare, apprezzano.

Il regno dei formaggi tra busti e ricordi del fascismo 

Nipote d’arte (la nonna produceva la delicatissima ricotta di fuscella), lui, rider ante litteram, iniziò consegnando latticini casa per casa con la sua “Graziella”. Anche per questo tra le proposte spicca una lunga teoria di formaggi affinati in casa: semipiccante è il caciocavallo, fior di latte e provola li produce Giovanni in prima persona in un caseificio di Vico Equense. E poi le caciotte di pecora e il provolone del monaco Dop della famiglia Albano, una storia di produzione lattiero-casearia avviata addirittura a metà Ottocento, e, ampliando la prospettia al resto della Campania, la mozzarella di bufala campana Dop del Casertano e il Grottone, un formaggio a pasta filata prodotto allevamenti di vacche del Parco Regionale del Matese.

«Chi entra qui - racconta Giovanni, la cui storia, raccontata in questi giorni da “Repubblica”, ha fatto il giro d’Italia, non senza la giusta dose di polemiche - ha l’imbarazzo della scelta, e neanche fa caso alla mia passione per il fascismo e per Mussolini. Se non gli sta bene, può anche girare alla larga, eh». Messaggio chiaro. E non tutti, in effetti, si limitano a considerarlo istrionico, provocatore, sopra le righe.

In paese, certo, è per tutti "Giovanni il fascista": fuori tempo massimo, certo. Si dirà: neanche troppo, visti i tempi che corrono. «Ma Meloni non l’avrei votata, è donna», precisa. Ed allora è decisamente meglio tornare a parlare di formaggi, più o meno stagionati. A dargli una mano la moglie Angela e il figlio Luigi, neodiplomato al liceo linguistico: «Anche se preferirei che studiasse all’università», taglia corto.

Baguette con pancetta paesana e melanzane sott’olio

Non c’è solo il Benitos (con la ‘s’ finale, chissà perché) nel menu della bottega, che - sulla scia di un format molto popolare in Campania, tradotto in casi di successo sui social, soprattutto a Napoli - propone differenti tipologie di pane e suggerisce, tra i ‘must’, “una baguette calda con pancetta paesana e melanzane sott’olio o con mortadella e provola, la mia provola”, aggiunge Giovanni. Vade retro, appassionati del nuovo corso dei panini gourmet: qui c’è soprattutto sostanza, per la forma girare alla larga.

Ancora: saltimbocca cicoli e ricotta, per gli appassionati del genere. Soluzioni ipercaloriche, qui conta soprattutto il gusto. Accessibili i prezzi: il Benitos costa 5 euro, ma si arriva fino a panini che ne costano 9. «E poi ci sono i taglieri, anche da asporto, per assaggiare di tutto un po’». Si fa tutto al momento, nell’attesa l’occhio cade - immancabilmente - sui dettagli. E il punto è proprio questo, in fondo: non sono forse proverbialmente i dettagli a fare la differenza?

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