Nobuya a Milano, il Giappone come non l'avete mai mangiato. La nostra recensione

27 Gen 2024, 11:43 | a cura di
Il nuovo locale milanese dell'ex chef di Sushi B ridefinisce definitivamente gli standard della cultura gastronomica nipponica in Italia al crocevia tra due culture

Niimori Nobuya ha la faccia scolpita nella pietra e un sorriso enigmatico che arriva da lontano. Mi ricorda in qualche modo il protagonista del film “Perfect Days” di Wim Wenders, Hirayama, che pulendo i bagni pubblici con scrupolo e passione si eleva a un nuovo grado di serenità e consapevolezza. Dal bagno alla cucina il passo è breve. Nobuya porta in tavola una cucina di elevatissimo livello, che io definirei a pieno titolo giapponese, anche se lo chef di Tokyo classe 1973 ha una storia che lo conduce a un crocevia tra la cultura gastronomica nipponica e quella italiana. Egli infatti ha lavorato alla Madonnina del Pescatore di quel geniaccio ossessionato di Moreno Cedroni, al Don Carlos di Milano, poi in alcuni dei più conosciuti ristoranti nipponici del capoluogo lombardo, al Nobu Armani e al Sushi B, un locale nel quartiere di Brera che qualche anno fa era un benchmark per qualità ed eleganza.

Lo chef Niimori Nobuya con la sua brigata

Crocevia di due culture

Oggi Nobuya ha un suo locale in via San Nicolao numero 3a, una viuzza curva che si divincola tra Magenta e Cadorna, ha aperto a fine novembre e già ora – a un paio di mesi di distanza dal battesimo - posso affermare senza esitazione che si tratta di uno dei cinque migliori ristoranti giapponesi in Italia, pronto a rimpolpare la assai smilza schiera degli “etnici” (passatemi questo aggettivo ormai desueto) stellati, al netto di qualsiasi scaramanzia. E chissà che il prossimo novembre qualcuno si ricordi di questa modesta profezia. La cucina di Nobuya è espressiva, profonda, si svincola evidentemente dalla frequente tendenza della nippo-nomia a certe asetticità, a quell’eleganza stilizzata e statica che è diventata il benchmark della cucina del Sol Levante da noi (chi poi ha visitato il Giappone sa che lì la cucina è tutt’altra cosa). No. Qui c’è la profonda cultura di uno chef che, al “turning point” del mezzo secolo, vuole finalmente mettere a frutto le sue esperienze e la sua visione del mondo, una sorta di retrospettiva di mezza età che faccia non solo un punto ma diventi una passerella verso un futuro libero e consapevole.

Il sashimi di Nobuya

I vegetali di Planet FarmDue i menu, entrambi omakase, e quindi un “famose a fida’” alla giapponese: otto portate a 120 euro e sei proposte vegetariane a 100, che punta forte sui prodotti da agricoltura verticale di Planet Farm. La carta al primo sguardo appare classica ma cela poi nello svolgersi dei singoli episodi una fantasia e un pensiero laterale davvero notevoli. Ricchissima la lista dei crudi (ostriche, gambero rosso, king crab, scampo), tutti da una materia prima sublime: io ho provato un Carpaccio di capasanta di Hokkaido, gambero viola, caviale, olio al plancton e aria di yuzu e il Sashimi di salmone scozzese, gambero rosso, ricciola, ventresca di tonno. Resta su qyei livelli l’anguilla Kabayaki servita su una base di riso, di asciuttezza spiritualità.

Quindi la Triglia con olio shiso, foglia di soia tagliata sottilissima e maionese di erba cipollina. I dolci sono preparati (e presentati) dalla affascinante Mina Karimi, che arriva dall’Iran e mi prepara un gelato al cassis, prato di biscotto, spugna al latte di soia e cacao amaro, sbriciolato di mandorle speziate e della polvere di shiso rosso e coriandolo e il Milky Way, riso giapponese cotto nel latte di mandorla, un sorbetto arancia amara e izukoshi e una spuma al latte di cocco e dei cracker fatti con yogurt di soia e polvere di kinako, ovvero soia tostata.

La sala di Nobuya

Legno e porfido

Il locale, aperto dallo stesso Nobuya e dall’imprenditore varesino Andrea Lin, è concepito con grande eleganza e cura dei dettagli. Un luogo materico, dominato dal calore pacato del legno e dal porfido. La sala principale è dominata da un lampadario di Murano composto da 270 pezzi e guarda la cucina, ma restano dettagli del passato, come le travi a vista del soffitto. In sala Marco Scarpulla, che punta su uno storytelling limitato e sulla sua innata eleganza. In carta tante bollicine nobili, etichette convenzionali e “irregolari” e molti sake (che “aumenteranno”, come ci dice Scarpulla). Anche distillati, birre e una carta dei tè.

Nobuya, via San Nicolao 3a, tel. 3318088558. Aperto solo la sera, chiuso la domenica

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram