Scoperte in Alto Adige: tre vini curiosi, compagni di grandi serate

13 Gen 2024, 11:33 | a cura di
Etichette dalla beva esaltante per alleggerire le nostre serate. Avevamo finito le candele a tavola, così abbiamo stappato una Schiava...

Cerchiamo leggerezza, vogliamo leggerezza, beviamo leggerezza. La parola chiave del 2024 nel mondo del vino sembra essere, ma possiamo sempre sbagliare, leggerezza. È la stessa del 2023, diciamo anche del 2022 o 2021. Facciamo tutti una grande fatica a sintonizzarci nuovamente su vini più strutturati, ricchi e opulenti. Il mantra della leggerezza sta portando tanti produttori a un veloce ripensamento, una sorta di passaggio a Occidente sul filo di verso registri essenziali capaci di esaltare la beva anche di tipologie che per loro natura richiedono altro. Magari calma e gesso. D'altro canto se le annate sono sempre più calde e torride e i vini sempre più scarni e leggeri, vuol dire che il cambiamento ha a che fare con noi. Questi e altri ragionamenti hanno accompagnato una recente trasferta in Alto Adige. Tra un canederlo e l'altro, abbiamo fatto amicizia con tre bottiglie che meritano un racconto a sé.

Schiava Römigberg 2021 Alois Lageder

Avevamo finito le candele a tavola, così abbiamo deciso di stappare la Schiava di Lageder. Che colore. Luminoso e vivo, splendido. Pochi personaggi hanno influenzato in maniera così prepotente la vitienologia altoatesina come Alois Lageder. La Schiava è prodotta sulle sponde del Lago di Caldaro su terreni ricchi di argilla e calce dolomitica. C'è un soffio di co2 a dettare i tempi di una bevuta travolgente. Ammalia nei profumi di viola, rosa e mirtilli croccanti. La bocca è leggiadra e saporita, di misurata dolcezza fruttata, con una lieve sapidità a sospingere il succo. Finale leggero di mandorla amara. Bottiglia vuotata a tempo di record, ce l'ha fatta appena con il primo giro iniziale  di speck. Da non perdere. Euro 16.

Schiava 2018 Reyter

L'altra faccia della Schiava. Cristoph Reyter crede fortemente nel potenziale evolutivo di questo vino, tanto da uscire sul mercato a diversi anni dalla vendemmia. Le uve provengono dalle vigne di Caldaro e Termeno (oltre i 500 metri di quota), con impianti anche molto vecchi: l'età media supera i 60 anni. Una parte è vinificata parzialmente con i raspi per poi maturare due anni in tonneau. Con unghia granata intensa, non ci sono note d'ossidazione. Profumi di sottobosco, nocciola e pepe. La bocca ha volume, con sensazioni tostate, cumino e scorza d'arancia. Non invecchierà per altri 10 anni, ma ha raggiunto un buon punto di maturità. Euro 26.

RosèMarie 2021 Tröpltalhof

1.000 bottiglie prodotte. Ci è bastato questo dettaglio per ordinare il vino a ristorante. Andreas Dichristin ha dedicato il blend di merlot (85%) e cabernet sauvignon (15%) alla moglie Rosemarie. Siamo sulle sponde del Lago di Caldaro, in località Feld; il vino fermenta e matura in anfora sulle fecce fini per circa un anno. Il naso parte muto, va ricercato nel bicchiere. Si apre su uno spaccato di mandorla, geranio e anguria. La bocca è molto acida, secca, progressiva. Ha un registro austero, note di pepe e un fondo minerali lento e continuo. La cosa più affascinante è proprio il ritmo della progressione, la bocca non ha molta polpa ma ha continuità e distensione. Finale non lunghissimo ma incisivo. Euro 27.

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