L’uso della chimica – lieviti selezionati in primis – e gli “aggiustamenti” in cantina finiscono per rendere i vini tutti omologati o, se non altro, uguali a sé stessi anno dopo anno, per gusto, colore e grado alcolico. È la tesi che si evince guardando la seconda inchiesta di Report sul vino, destinata a suscitare nuove polemiche come già successo a dicembre scorso, con cui si critica implicitamente il sistema che giudica i vini che ambiscono ad ottenere la Denominazione. Un meccanismo, però, che la trasmissione di Rai 3 non approfondisce. E allora chi stabilisce se un vino ha le caratteristiche per essere etichettato e commercializzato con una Denominazione d’origine (Doc o Docg) o se può portare riferimenti geografici (Igt)?
Come si ottiene il marchio Doc e Docg
La legge (vi risparmiamo i riferimenti normativi…) recita che “chiunque intende commercializzare partite di vini Dop (comprendente vini Doc e Docg) e Igp deve sottoporre tali prodotti a preventiva analisi chimico-fisica ed esame organolettico, al fine di certificare corrispondenza delle stesse partite ai relativi disciplinari di produzione”. In sostanza, un vino per poter riportare la Denominazione d’origine deve sottoporre i propri vini a un esame analitico e ad uno organolettico.
A giudicare questi vini è una commissione apposita, denominazione per denominazione. La commissione di degustazione è composta da 5 membri, di cui uno è il presidente. E c’è il segretario, che in genere è un dipendente dell’ente certificatore della Denominazione.
Come è composta la commissione di degustazione
I membri sono iscritti in un albo regionale, e devono essere Tecnici degustatori o Esperti degustatori. I primi devono avere un idoneo titolo di studio (Diploma di perito agrario specializzato in viticoltura ed enologia o enotecnico; enologo; laurea in scienze agrarie con specializzazione nel settore enologico; laurea in scienze delle preparazioni alimentari con specializzazione nel settore enologico; titoli equivalenti conseguiti all’estero); inoltre devono avere un’esperienza di assaggio documentata nella denominazione cui fanno domanda di almeno due anni.
Gli Esperti degustatori devono avere due anni d’esperienza sulla denominazione. All'elenco possono iscriversi persone che hanno partecipato a corsi organizzati da Associazioni nazionali riconosciute operanti nel settore della degustazione dei vini, con relativo superamento di esame finale e che hanno esercitato attività di degustazione da almeno due anni precedenti la domanda alla regione di pertinenza con tutta la documentazione del caso, compresi requisiti di idoneità morale (cioè assenza di condanne penali, o di provvedimenti riguardanti misure di sicurezza e prevenzione iscritte in casellario giudiziario).
Vista, olfatto e gusto. I criteri
Ma come funziona una seduta della commissione? “Tu arrivi e ti siedi al tuo posto in questa sala studiata proprio per la bisogna. Hai superfici bianche intorno, un piccolo lavandino per vuotare e sciacquare i bicchieri. Le bottiglie sono anonime, ognuna ha un numero. Sai solo di che denominazione si tratta, di che tipologia e l’annata. Dalla tua postazione non puoi vedere gli altri degustatori o leggere le loro schede", racconta un membro delle commissioni.
"Per ogni campione devi formulare tre giudizi: Vista, olfatto, gusto. E hai tre possibilità: idoneo, rivedibile, non idoneo. Ci sono delle sigle sui difetti: difetto di origine chimico-fisica, oppure sa di Brettanomyces (quindi biologico) ecc.Poi squilibrio, carenza di colore, torbidità".
Stesse regole per i vini naturali
Per i vini naturali non ci sono particolari cautele: devi valutare che i requisiti minimi ci siano. Se ha difetti palesi - e il fatto che un vino naturale sia velato non è un difetto – è rivedibile o non idoneo. I degustatori hanno un margine di interpretazione alla luce del Disciplinare di produzione di ogni denominazione. Un vino deve essere “pulito”, non necessariamente brillante, e se si tratta di vini sfusi si è in genere più tolleranti. Sui vini di annate più mature in bottiglia si è più selettivi.
Se la maggioranza (quindi tre degustatori) approva, il vino passa. Se il vino è rivedibile invece si stila un apposito verbale che motiva la decisione e si invia all’azienda. Per ogni seduta si assaggiano non più di 20 vini. L’azienda ha tempo 60 giorni per richiedere una nuova campionatura.
Cinque campioni
Le campionature vengono prelevate in azienda da un tecnico dell’ente certificatore, che fa il prelievo e i riscontri sui contenitori e le masse dichiarate sui registri di cantina in presenza del responsabile. Si tratta di 5 bottiglie: una va in archivio, una al laboratorio per le analisi chimiche, 2 alla commissione e 1 resta per testimone all’azienda. In laboratorio si misurano alcol, zuccheri, acidità volatile, estratto e tenore di anidride solforosa, che devono corrispondere ai termini di legge e alle norme del disciplinare.
Un vino potrebbe essere idoneo al primo esame, o rivedibile, ma se per due volte è rivedibile è classificato automaticamente non idoneo (la commissione quando si riunisce non sa se alcuni dei campioni in assaggio sono stati già valutati in precedenti sedute).
I ricorsi
L’azienda può fare ricorso all’apposita Commissione mazionale presso il ministero dell'Agricoltura. In caso di giudizio e ricorso negativi il vino viene declassato alla categoria inferiore. Ovvero, se era un Docg diventa Doc, se si era proposto come Doc diviene Igt, se Igt passa a Vino da tavola.
“In passato la percentuale di vini rivedibili o non idonei era più alta di oggi. Tutte le aziende ora hanno un enologo interno o consulente, ed è rarissimo trovare vini difettosi o fuori disciplinare – ci confida un anonimo degustatore di una commissione Docg e Doc – oggi i vini sono mediamente molto puliti e curati tecnicamente”. Da sottolineare che nessun degustatore Tecnico o Esperto degustatore può partecipare ad una seduta di assaggio se in questa ci sono vini di un’azienda per la quale presta la sua opera professionale.
Questo complesso iter ve lo abbiamo riassunto per sommi capi, in realtà è più complesso e ricco di riferimenti normativi nazionali ed europei, ma vi dà almeno l’idea della strada complicata che un produttore deve affrontare prima di mettere l’agognata menzione della Denominazione sulla sua preziosa bottiglia.