Paolo Barrale lascia la guida del Marennà. È la fine del sodalizio con Feudi di San Gregorio. Cosa c'è nel futuro?

12 Nov 2018, 12:34 | a cura di

Lo chef siciliano ha trovato in Irpinia una seconda casa sin dal 2004, quand'è iniziata la sua collaborazione con la nota azienda di Sorpo Serpico. E per 15 anni ha portato ai vertici la cucina del Marennà, tra le più apprezzate del Sud Italia. Ora lascia, per divergenti vedute. Ci spiega cosa si è rotto, e come vede il suo futuro. 

 

Un percorso in ascesa. I 15 anni del Marennà

15 anni. Tanto (molto) è durata la collaborazione tra Paolo Barrale e l'azienda irpina Feudi di San Gregorio. Un sodalizio lungo e proficuo, che ha avuto il merito di aprire una finestra sul mondo di una delle più celebri realtà dell'agroalimentare italiano passando per la cucina di una tavola d'autore che ha fatto della schiettezza il suo vanto. Il merito è indubbiamente della preparazione e delle capacità umane dello chef siciliano, classe 1974, che nel 2004 – dopo un periodo intenso alla Pergola di Heinz Beck – ha incrociato il suo futuro con le ambizioni dell'azienda campana, e a Sorbo Serpico si è fermato, spingendo l'asticella sempre più in là. Così il Marennà, sotto la sua guida, è diventato uno dei ristoranti più conosciuti a apprezzati del Sud Italia. A poche ore dall'annuncio che sancisce la fine di un percorso comune, Barrale è ben consapevole di quel che è stato, ma pure delle circostanze che hanno portato al suo addio: “Ringrazio l'azienda che per 15 anni mi ha dato l'opportunità di guidare una macchina così bella. Io dal canto mio penso di aver raccolto la sfida al meglio delle mie possibilità, portandola come una sinuosa Lincoln Continental. Ho sposato la causa di una realtà che non ha mai mancato gli appuntamenti importanti, specie in fase iniziale, quando abbiamo raccolto grandi soddisfazioni (la stella è arrivata per la prima volta nel 2009, le Due Forchette nel 2008, quest'anno 84/100 in Guida, ndr). E l'azienda per me è diventata una casa, con l'idea di interpretare la collaborazione ben oltre gli impegni del ristorante, valorizzando in Italia e nel mondo il brand Feudi di San Gregorio”.

L'addio di Paolo Barrale. L'importanza dei rapporti umani

Oggi però le cose sono cambiate: il 23 dicembre il ristorante chiuderà per una ristrutturazione annunciata da tempo ("Proseguiremo nel segno dell'eccellenza, rafforzando ancor di più il focus sulla tipicità e l'eccellenza delle materie prime. Il vino sarà completamente al centro del nuovo progetto al fine di offrire alla clientela un'esperienza immersiva nel nostro mondo", anticipava qualche mese fa Antonio Capaldo, presidente dell'azienda). E infatti la riapertura programmata per l'inizio del 2019 porterà con sé molte novità, non solo strutturali: “Dopo la chiusura l'azienda intende riaprire con un nuovo indirizzo di ristorazione i cui obiettivi non sono in armonia con il mio percorso professionale e non riflettono il progetto gastronomico che ci ha visti in auge per ben tre lustri”, si legge nella nota ufficiale diffusa dallo chef. Cos'è successo, dunque, dopo anni che ora Barrale descrive come “una bellissima esperienza professionale e personale”? “Mi sono reso conto che il vestito non era più adatto a me. E quando si vive da separati in casa è difficile continuare: avrei potuto andare avanti fino a dicembre, ho preferito interrompere qui. Ripeto, gli investimenti e la disponibilità non sono mai mancati, forse però è venuta meno la presenza, una pacca sulla spalla, l'idea di lavorare a un progetto comune. Ed è come se qualcosa si fosse rotto”.

 

Del resto, sui ruoli della ristorazione oggi Barrale mostra di avere le idee ben chiare: “Se dovessi scegliere di lavorare ancora in collaborazione con altri, l'importante è trovare interlocutori entusiasti, che non siano semplicemente imprenditori pronti a investire, ma persone che vogliono lavorare in comunione di intenti. Solo così la ristorazione può rivendicare la sua artigianalità: oggi c'è molto entusiasmo effimero intorno al settore, molti si improvvisano pensando si tratti di un'attività imprenditoriale come un'altra. Invece qui hai a che fare con gli uomini, costruire una squadra è difficile, bisogna avere grandi capacità aggregative. Perché tutto si basa sui rapporti, ci vuole estro, ma anche continuità. E questo è il bello del nostro mestiere”.

 

Progetti per il futuro

E ora cosa c'è nel futuro di Paolo Barrale? “Sicuramente non mi fermo, sono impegnato con corsi e lezioni di cucina, seguo qualche consulenza, ho voglia di lavorare e di seguire progetti che mi divertano. Avevo già in programma di aggiornarmi professionalmente nel periodo di chiusura del Marennà, perché non si finisce mai di imparare; lo farò, e dopo le feste partirò per una serie di stage in giro per l'Europa”. Poi c'è la ricerca, “una parte importante del mio lavoro, perché parliamo di ricerca del gusto e non di esperimenti fini a se stessi”. In particolar modo la passione per i grandi lievitati (in costante dialogo con riconosciuti lievitisti, da Gabriele Bonci a Carlo Di Cristo), che già la settimana prossima lo porterà in produzione per i primi panettoni dell'anno. “Dopo tanti anni felicemente dedicati a una causa voglio essere un po' vagabondo, non ho fretta di tracciare i prossimi obiettivi”. E invece è prontissima la risposta alla domanda più importante: “Che cucina vedi nel tuo futuro”? “Naturalmente buona. E non devo aggiungere altro”.

 

a cura di Livia Montagnoli

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram