La Pasta in Bianco dovrebbe costare molto di più di 26 euro. Ecco perché

3 Feb 2024, 08:31 | a cura di
Esausti dopo l'ennesimo ritorno della polemica sui fusilloni di Alberto Quadrio ci sentiamo in dovere di chiarire alcuni aspetti fondamentali della vicenda

Il motivo per cui la pasta in bianco del Portrait di Milano a 26 euro fa scandalo è un mistero. Ancora di più il suo rigurgito, dato che la notizia (se mai notizia c'è stata) risale più di un anno fa.

La pasta in bianco del Portrait

Riavvolgiamo il nastro: sin dall'apertura uno dei piatti simbolo del 10_11 dell'Hotel Portrait (gruppo Lungarno Collection, proprietà Ferragamo) è la pasta in bianco. Creazione di Alberto Quadrio, rimasta in carta anche dopo la sua uscita e il passaggio della cucina a Luigi Cinotti. Da allora periodicamente qualcuno va al Portrait, condivide online la pietanza e scattano le polemiche. E mai che ci sia chi fa notare che 26 euro sono una cifra più che compatibile con quel locale: il Portrait ha stanze da più di mille euro a notte, e ci stupiamo di un primo a 26 euro? Lì le uova alla benedettina nel menu della colazione stanno a 18 euro e un avocado toast a 23. Brutto dirlo ma vero, il lusso non è inclusivo. Dunque più che scandalizzarci per la pasta in bianco dovremmo chiederci quanto siamo disposti a pagare per cenare in un hotel extralusso.

10_11 Ambiente portrait

C'è anche una questione di posizionamento: in un posto del genere un piatto non può (e forse non deve) costare poco. A meno che non si voglia fare un'operazione di marketing e di comunicazione, di cui il Portrait non ha alcun bisogno, almeno fin quando qualcuno posterà la famosa pasta in bianco suscitando un codazzo di critiche e curiosità. Dunque se quel piatto improvvisamente diventasse più economico, perderebbe una parte di valore aggiunto.

10_11 Ambiente_porttrait

Ecco la ricetta della pasta in bianco (da 26 euro)

Ma torniamo alla pasta in bianco, che poi in bianco non è: sono fusilloni cotti in un brodo di croste di parmigiano stagionato 36 mesi, mantecati solo con il grasso del brodo. Il procedimento richiede due soli ingredienti – pasta e parmigiano – e alcuni passaggi: portata a ebollizione l'acqua si uniscono, fuori dal fuoco, le croste di parmigiano grattugiate (nell'interno), si mescola con una frusta e si lascia riposare per un'ora, girando ogni tanto. Si filtra e si fa raffreddare in frigo per almeno due ore. La parte grassa che sale in superficie viene usata per mantecare la pasta a fine cottura, con quella che si deposita sul fondo si fanno cialde croccanti. Il liquido, cioè il brodo di parmigiano, si usa per cuocere i fusilloni. Tempo complessivo della preparazione: circa quattro ore. Ora: quanto siamo disposti a pagare per un piatto che richiede 4 ore di preparazione?

Ma forse il tema è tutto nel nome, volutamente provocatorio e acchiappa allocchi. Vedi pasta in bianco e pensi a un cibo scialbo, “da ospedale”, il grado zero della cucina e l'aspetto pare confermare. Ma questo piatto che ammicca a quella roba lì è un trompe-l'œil, sembra figlio di un dio minore nell'Olimpo di tutte le paste e invece è una figura retorica, un'allusione, uno scherzo, un piatto in cui il condimento non è più tale ma diventa parte del cibo da condire, invisibile agli occhi (dunque essenziale). E allora: quanto siamo disposti a pagare per una pasta al formaggio invisibile?

10_11 Portrait

Il prezzo della cucina

Uscendo dal caso specifico, sappiamo che in qualsiasi ristorante d'autore il prezzo dei singoli piatti varca senza remore la soglia psicologica dei 30 euro, talvolta anche 50. Perciò il menu degustazione è la scelta più frequente, la più conveniente in proporzione al numero di assaggi, quella che consente una panoramica più ampia sul lavoro della cucina. I singoli piatti costano quasi quanto un intero menu anche per orientare la scelta dei consumatori.

Ma cosa si paga quando si acquista un piatto?

Lo abbiamo detto più volte: nel prezzo di un piatto, il food cost (ovvero la spesa per la materia prima) non supera il 30%. La percentuale cambia per equilibrare i prezzi in carta, caricando più uno e alleggerendo un altro, allo stesso modo in cui succede con il vino (le bottiglie più economiche hanno ricarichi maggiori). Il resto del prezzo del piatto lo fanno le spese (affitti, utenze, stipendi) che non sono uguali in ogni locale: basti pensare al costo degli affitti nel centro storico di una grande città e in periferia, o al numero di dipendenti per coperti. Quando si acquista un piatto si paga tutto questo e anche di più: la quotazione dello chef e del ristorante ma anche lacreatività, l'idea, il lavoro di ricerca e di messa a punto. E anche considerando tutto questo non è una media matematica perché il prezzo lo fa anche il mercato: posso vendere una mela a 100 euro, se c'è qualcuno che la compra, teoricamente ho ragione io. Chi è nel commercio fa i suoi conti e le sue valutazioni, poi decide il prezzo di quel che mette in vendita; i consumatori decideranno se lo vale oppure no. Quindi non scandalizziamoci per i 26 della pasta in bianco, che in bianco non è, perché anche fosse davvero solo cotta, scolata e servita, fino a che c'è chi la ordina e la paga, il prezzo è giusto. 

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