Salumi da Re. La decima edizione si è svolta di nuovo in presenza
Ritorno alle origini, nel magico contesto dell’Antica Corte Pallavicina a Polesine Parmense e in grande stile, per la decima edizione di Salumi da Re, la più ricca di produttori, presenze e novità. Convegni, concorsi (panino gourmet, gare di taglio del prosciutto a macchina e a mano), premi alle migliori salumerie italiane, abbinamenti delle specialità norcine con birre, vini e spirits. La partecipazione di grandi chef tra cui Gennaro Esposito (talent di questa edizione) e, a sorpresa, anche di Alain Ducasse.
E decine di prodotti tra salumi poveri e blasonati, prosciutti crudi e cotti, coppe, pancette, salami, bresaole e specialità tipiche della salumeria italiana, anche di suini autoctoni e semibradi, di filiera chiusa e privi di conservanti. Un report di assaggi, pairing e suggestioni dall’evento della norcineria d’autore firmato in tandem da Gambero Rosso e Antica Corte Pallavicina dei fratelli Massimo e Luciano Spigaroli.
La photogallery
Alcuni dei momenti più signficativi dell'evento nelle foto di Francesco Vignali
I prodotti protagonisti
Cotti alla riscossa
I prosciutti cotti sono stati una delle sorprese di questa edizione di Salumi da Re. Sono la moda del momento. Ne abbiamo avuto la prova nel Praga con osso Morgante, il Big Storico, il fiore all’occhiello Ferrarini, i prodotti Coati e I Cottinforno. Ma soprattutto con due fuoriclasse. Quello dei padroni di casa, il Cotto Spigaroli, è prodotto come mezzo secolo fa nelle cucine del locale di famiglia Al Cavallino Bianco, non distante dall’Antica Corte Pallavicina.
«È una ricetta messa a punto da zia Emilia e dalla signora Amanda, delle vere rezdore, custodi dei sapori delle nostre terre – ricorda Massimo Spigaroli, chef e patrone del relais con ristorante stellato e Hosteria del Maiale –. Massaggiavano le parti migliori della coscia del maiale e le marinavano con erbe spontanee, le cuocevano lentamente, per giorni, nella parte bassa della vecchia stufa a legna, poi le lasciavano riposare».
Non sappiamo com’era il prosciutto cotto di Emilia e Amanda. Sappiamo com’è il Cotto Spigaroli: un materno biscotto di carne, vellutato e setoso. L’altro prosciutto viene dalla Campania, portato a Corte da Sabatino Cillo, “maestro macellaio” di scuola svizzera, prodotto con cosce di suini sia bianchi sia di antiche razze autoctone del sud Italia, la casertana e l’apulo-calabrese. «Lo preparo seguendo un’antica ricetta contadina: concia a base di sale, aglio, pepe bianco e altre spezie, affumicatura con legno di ciliegio e faggio, lenta cottura in forno» spiega Sabatino. Un salume di grandi performance, che dà il meglio di sé ancora caldo: verace, succoso e con il grasso particolarmente scioglievole.
Per i compagni di bicchiere ci siamo affidati a Giuseppe Carrus, co-curatore della guida Vini d’Italia del Gambero Rosso, presente alla tre giorni parmigiana. «Il Lambrusco è perfetto con questa famiglia della salumeria, soprattutto quello di Sorbara: un Metodo Ancestrale o Leclisse di Alberto Paltrinieri (Metodo Italiano) per il cotto di suino nero, il Metodo Classico Rosé del Cristo di Cavicchioli, fine ed elegante, grazie alla rifermentazione sui lieviti per 24 mesi, per il cotto di suino bianco».
Un crudo Audax
A Salumi da Re c’era l’imbarazzo della scelta fra i prosciutti Parma Dop di alta qualità: Casa Graziano, Galloni, Pelizziari Prosciutti, Pio Tosini, Ruliano, Tanara. Ma a catturare la nostra attenzione è stata la novità Ruliano, marchio che rappresenta l’aristocrazia del prosciutto. I suoi prodotti hanno gusto e aromi inconfondibili, secondo uno stile unico sintetizzato da quello che è ormai un mantra aziendale: “i prosciutti crudi non sono tutti uguali, come lo Champagne ogni maison, ogni cantina, ha una sua peculiarità”. Il titolare Daniele Montali è andato oltre. Con coerenza e coraggio oggi propone l’Audax, prosciutto crudo fuori dal disciplinare e di qualità ancora più rarefatta.
Se il suo Perex Suctum, la riserva di Parma Dop, con la dolcezza sposata alla tipica eleganza Ruliano e a una nota minerale che dà scatto al gusto, Audax (e il filetto del prosciutto Audax Essentia) è ancora più gentile e raffinato, «100% naturale e tracciato, ottenuto da cosce selezionate provenienti da un unico allevamento della Pianura Padana che lavora appositamente per il nostro prosciuttificio» precisa Carlotta, una delle figlie di Daniele. Un crudo da gran soirée, che Giuseppe Carrus consiglia di gustare con un Lambrusco Salamino di Santa Croce «per l’acidità lieve e i tannini misurati capaci di assecondare questo salume con un rapporto stretto tra grasso/magro e sapidità/dolcezza».
Nel mondo delle bresaole
La bresaola è sempre stata una delle regine di Salumi da Re. Artigiani come Ma! Officina Gastronomica, Brisval e Paganoni (con la sua Primitiva biologica), presenti all’evento fin dalla prima edizione, hanno fatto conoscere il salume di bovino tipico di Valtellina e Valchiavenna fatto in maniera diversa, lavorato con carni pregiate e senza conservanti. Quest’anno ad affiancare i tre norcini si è aggiunta l’Antica Macelleria Turba, che ha portato una sorprendente bresaola di picanha, taglio bovino che in italiano corrisponde al codone, un triangolo di grasso e magro in prossimità della coda dell’animale, particolarmente tenero e saporito.
Donato Turba, terza generazione di macellai milanesi, impiega le carni di frisone a fine carriera «per valorizzare questa razza bovina da latte, impiegata nella maggior parte degli allevamenti italiani per la produzione di formaggi». Filiera chiusa e a chilometro zero (le carni provengono soprattutto dall’allevamento della nuora, situato nel Cremonese), lavorazione senza conservanti e stagionatura dai 5 ai 7 mesi per una bresaola da meditazione, scura e impegnativa nei profumi e nel sapore, di rara complessità. Molto interessante anche la Tomahawk (nome ispirato dalla forma, che ricorda l’ascia di guerra dei nativi americani), o “bresaola dell’amicizia”, l’ultima della scuderia Brisval. «È ricavata dal costato di bovino di Angus irlandesi, la parte più vicina all’osso, dopo il filetto il taglio più tenero del bovino – sorride Simone Ferraro, un mago nella produzione del salume più famoso dell’alta Lombardia – è lavorata come le altre nostre bresaole, ma è stagionata di meno ed è più tenera».
Una specialità di alta gastronomia proposta anche in confezioni regalo con il coltello. Da abbinare a una birra importante, «come Spacca, l’amber ale del birrificio Vecchia Orsa – entra nel dettaglio Giuseppe Carrus – le note scure e leggermente affumicate dei malti tostati, i sentori di castagna e l’impronta tannica si accordano bene con un salume di montagna».
Il sottile fascino della mortadella
Impossibile resistere ai profumi e all’allegria che la mortadella sprigiona. Ci hanno regalato queste emozioni la Classica di Artigianquality, la Favola di Palmieri, Opera di Franceschini e l’esclusiva mortadella al pinolo del Parco di San Rossore, prodotta vicino Pisa da La Bottega del Parco, macelleria-norcineria a chilometro zero guidata da Fabio Armani insieme al figlio Matteo, con la collaborazione del giovane norcino Matteo Landucci. Nulla di esplosivo: mortadelle delicate e pulite che esprimono artigianalità, delicatezza e misurato uso di condimenti e soprattutto di additivi. Anche in quella extraterritoriale al pinolo tutto è sussurrato: il profumo, il sapore, le note biscottate date dalla cottura delle carni. E con la presenza dei pinoli, impiegati con generosità, che occhieggiano nella fetta color rosa antico e si confondono con i lardelli di grasso, dando al boccone un contrappunto appena croccante e un ulteriore tocco di delicatezza.
Fin troppo facile accompagnare la mortadella al Lambrusco, suo compagno d’elezione. «Un Sorbara Brut Rosé» suggerisce Carrus. Provatela, invece, con un gin botanico (Baldo), un abbinamento azzardato – che ha fatto discutere in un incontro dedicato a un pairing fra salumi e beverage – ma che ha un suo senso. «Le note verdi, balsamiche e vegetali del ginepro, dopo un attacco ruvido e spiazzante, sgrassano la bocca dalla naturale untuosità della mortadella lasciando il palato pulito». Un gioco che funziona.
Pane e porchetta: what else?
Un altro salume che mette il buonumore è la porchetta. C’era anche questa alla decima edizione dell’evento. Starete già pensando a quella di Ariccia o di altre tradizioni dell’Italia centrale. Invece è arrivata dalla Sicilia, portata dall’agriturismo Il Vecchio Carro, un microcosmo nella prima collina messinese, tra il Mar Tirreno e i Monti Nebrodi, che gira intorno al suino autoctono. Dell’ospitalità e del ristorante si occupa Eliana Carroccetto, chef e patronne.
All’allevamento semibrado dei maiali rustici locali e alla produzione di salumi, in vendita e in degustazione sul posto, si dedica il marito Giuseppe Oriti, norcino di grande esperienza e sensibilità, che sa valorizzare queste carni speciali. «La porchetta è massaggiata con sale marino siciliano e spezie: finocchietto selvatico, timo e rosmarino, aglio e scorza d'arancia – entra nel dettaglio Giuseppe – poi viene passata nel forno a legna secondo l'antica ricetta di famiglia». Tutto invita all’assaggio: la faccia rosata e marmorea, il profumo fragrante con l’elemento animale ingentilito dalle erbe aromatiche, la persistenza che richiama la macchia mediterranea siciliana.
Lardi d’autore
Avete mai provato il lardo con la birra? Un accostamento audace ma che funziona, se il lardo è messo in conca di marmo con birra affumicata e sale affumicato danese da Fausto Guadagni, norcino di Colonnata dedicato al salume locale Igp e in declinazioni creative, e la birra è la robusta Porter del birrificio sardo Puddu, ottenuta da malti di colore scuro. Un tono su tono per le note fumé di entrambi i compagni di viaggio, «e con i sentori tostati di caramello, cioccolato, nocciole e crosta di pane della birra, luppolata ma non troppo, che sposa la dolcezza del grasso». Abbinamenti più tranquilli tra un classico lardo di Colonnata Igp (Fausto Guadagni e Le Larderie di Battella) e fuori territorio, anche di suino rustico dal mantello scuro, e un Lambrusco di Sorbara Metodo Classico Rosé, «con le bollicine e le note di fiori bianchi, piccoli frutti rossi e agrumi a dare pulizia e freschezza».
Culatelli d’Italia
C’è il culatello di Zibello Dop, prodotto in 8 comuni del Parmense a ridosso del Po, ottenuto dal cuore della coscia privato della cotenna, insaccato in budello naturale e legato con lo spago, di cui l’Antica Corte Pallavicina è l’azienda di riferimento. E c’è il culatello tour court, stesso taglio e lavorazione simile, ma fatto altrove. Una delle migliori interpretazioni, che ci fa innamorare ogni volta che lo assaggiamo, è il Ghiandaro di Salumi Martina Franca. Il nome è ispirato alla forma, una grande ghianda avvolta da una rete di spago, e alla sostanza, una culatta di suino rustico apulo-calabrese, che in autunno dei piccoli frutti delle querce, appunto, si nutre. Un salume di filiera chiusa, ottenuto dal muscolo più pregiato della coscia dei suini che grufolano nell’azienda di proprietà, 150 ettari situati in Valle d’Itria, nell’entroterra della Murgia dei Trulli, tra oliveti, macchia mediterranea, boschi e campi incolti. «Lo lavoro come un capocollo di Martina Franca – spiega Francesco Carriero, il titolare – con vino cotto e una leggera affumicatura con legno di fragno». Un salume pervasivo, succoso e gustosissimo che esprime l’essenza del territorio.
Soprassata, salume povero ricco di sapore
Non solo salumi blasonati. Nella tre giorni parmigiana c’erano anche specialità norcine povere, come la soprassata. Non confondetela con la soppressata, tipico insaccato diffuso nel sud Italia. La soprassata è la coppa di testa dei toscani, altrove in Italia chiamata testa in cassetta, nel Casentino capaccia o capofreddo. Un salume rustico e umile, saporito e compagnone. La producono a filiera chiusa Davide e Matteo Orlandi nell’azienda agricola di famiglia Le Selve di Vallolmo, circa 140 ettari sulle colline aretine di cui 15 recintati per l’allevamento semibrado di suini cinta senese e grigio del Casentino (incrocio di cinta con bianco large white). «Usiamo lingua e spolpo di testa di suini biondi e grigi con la complicità di sale, pepe, aglio, spezie toscane, succo e scorza di limone – spiegano i fratelli Orlandi – nella stagione fredda aggiungiamo anche l’arancia». Godetevi fino in fondo la ricchezza aromatica e la rustica morbidezza della loro soprassata: non contiene conservanti e i grassi sono in buona parte assorbiti dal sacco di cotone che l’avvolge a fine preparazione.
Salsiccia stagionata sotto strutto
È stata un’altra sorpresa dell’evento, scoperta quasi per caso ragionando su uno dei convegni dell’evento, quello sul packaging eco-friendly e sostenibile. Che cosa c’è di più ecologico e riciclabile di un vaso di ceramica per conservare sotto strutto le salsicce stagionate come si faceva una volta nel sud d’Italia? E come fa tuttora sull’alta collina lucana la famiglia Carbone, Carmine insieme alla moglie Margherita e alla figlia Valentina, terza generazione di una famiglia di macellai. «Impieghiamo carni scelte di spalla di suini, sia bianchi sia di razza apulo-calabrese di allevamenti della zona, le condiamo con sale, semi di finocchietto selvatico e peperone di Senise Igp, senza additivi e conservanti – raccontano i norcini lucani – una volta insaccate nel budello naturale, le salsicce vengono asciugate, stagionate quattro settimane poi messe sotto puro strutto di suino nero». Come una volta, appunto, quando le carni erano per forza di cose solo locali, non si aggiungevano nitrati e nitriti e non esistevano ancora buste sottovuoto. Due le versioni, quella amabile con paperone di Senise dolce, spicy con il peperone piccante.
Le aziende partecipanti
Salumi
- Antica Corte Pallavicina, Polesine Zibello (PR)
- Artigianquality, Bologna
- Avagliano, Sabaudia (LT)
- La Bottega Del Parco, Pisa
- Bracevia, San Giovanni Teatino (CH)
- Brisval, Novate Mezzola (SO)
- Carbone, Tricarico (MT)
- Casa Graziano, Tizzano Val Parma (PR)
- Cav. Umberto Boschi, Felino (PR)
- Cillo, Airola (BN)
- Dok Dall'Ava, San Daniele del Friuli (UD)
- Ferrarini, Reggio Emilia
- Franceschini, Valsamoggia (BO)
- F.lli Coati, Marano di Valpolicella (VR)
- Galloni, Langhirano (PR)
- Gianferrari, Canossa (RE)
- G.ioi, Gioi (SA)
- I Cottinforno, Sant'Andrea Bagni (PR)
- Giordano, Carpaneto Piacentino (PC)
- Larderia Fausto Guadagni, Carrara
- Le Larderie di Battella, Carrara
- Ma! Officina Gastronomica, Nuova Olonio (SO)
- Dal Massimo Goloso, Predaia (TN)
- Enzo Mattei, Fondi (LT)
- Macelleria Turba, Melzo (MI)
- Morgante, San Daniele del Friuli (UD)
- Paganoni, Chiuro (SO)
- Palmieri, San Prospero (MO)
- Pelizziari Prosciutti, Langhirano (PR)
- Pio Tosini, Langhirano (PR)
- Re Norcino, San Ginesio (MC)
- Ruliano, Langhirano (PR)
- Salumi Martina Franca, Martina Franca (TA)
- Bodria Antonio, Ruzzano (PR)
- San Bono, Ponte dell'Olio (PC)
- Le Selve di Vallolmo, Poppi (AR)
- Tanara Giancarlo, Langhirano (PR)
- Tenuta della Marca, Campofilone (FM)
- Il Vecchio Carro, Caronìa (ME)
Bevande
- Baff Beer (birra)
- Birra Puddu, Santa Giusta (OR) (birra)
- Consorzio Pignoletto Emilia-Romagna, Zola Predosa (BO) (vino)
- Consorzio Tutela Lambrusco, Modena (vino)
- Vecchia Orsa, San Giovanni in Persiceto (BO) (birra)
Extrasettore
- Coppini Arte Olearia, San Secondo Parmense (PR) (olio)
- DiBaldo Spirits, Montebello (RN) (alcolici)
- Fredo La Estrella del Norte, Santoña - Cantabria - España (acciughe conservate)
- Minerva Omega Group, Bologna (BO) (attrezzature per la ristorazione)
- Nonna Maria, Lapedona (FM) (conserve e confetture)
- Pure Stagioni, Firenze (marmellate e confetture)
- Upstream, Collecchio (PR) (salmone)
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