Croazia. Alla scoperta dei vini e della viticoltura di Dubrovnik

6 Mag 2014, 08:15 | a cura di
Appunti di degustazione e focus sulla produzione della contea croata dalla prima edizione del Dubrovnik Festiwine. Vini dalle grandi potenzialità fino ad ora legati alla diffusione regionale. Obiettivo, puntare sul turismo del vino.

La Contea di Dubrovnik-Neretva è una terra di confine, situata nella parte meridionale della Dalmazia, oggi una delle aree viticole emergenti della Croazia. Una produzione piccola, ma qualificata, che nel 2011 ha dato 6 milioni e 200mila litri di vino, che pone l’area al quarto posto, nella classifica per volumi, del Paese. In questo territorio confinante a nord con la Bosnia-Erzegovina e a sud est con il Montenegro, si allevano i famosi vitigni locali quali plavac mali, pošip, grk, rukatac (maraština), malvasija dubrovačka, tutti protagonisti del primo Dubrovnik Festiwine, organizzato dalla Dunea, l'Agenzia per lo sviluppo regionale, lo scorso 24-26 aprile. Hanno partecipato alla manifestazione circa 60 aziende provenienti dalle sette zone vinicole della Contea di Dubrovnik-Neretva (Lastovo, Mljet, Pelješac, Konavle, Korčula, Neretva, Komarna) insieme ad una piccola pattuglia di viticoltori da Crna Gora nel Montenegro. Finora, a parte rare eccezioni, la gran parte dei vini ha avuto una diffusione regionale – Dubrovnik è una zona ad alta intensità turistica –mentre una piccola percentuale viene esportata in altri Paesi, dall’Ucraina alla Russia, ma anche negli Usa, Germania e UK. "La scelta obbligata dei produttori croati” sostiene Melanie Milic manager di Dunea, l’ente per lo sviluppo “non potendo contare su grandi quantità, è stata di creare dei vini boutique che nel corso del tempo hanno elevato la qualità secondo gli standard internazionali. I nostri vini a denominazione geografica protetta si sono distinti anche sui mercati più esigenti". Alcuni di questi vini - da sempre simbolo dell’identità culturale locale -come nel caso del rosso Dingač (1961) e del bianco Pošip (1967) dell’isola di Korčula e di Postup, godono di tutele di livello nazionale e internazionale. Secondo l’Ufficio statistico croato in base al Registro delle uve, vini e frutta i produttori viticoli registrati sarebbero 16.500 mentre la superficie complessiva dei vigneti ammonterebbe a 32.000 ettari (Fonte: CBS, 2008). I vitigni principali coltivati sono graševina, malvazija istarska e plavac che rappresenterebbero il 48% del totale coltivato. La parte restante 51,9% è rappresentata da 37 varietà la cui quota singola è inferiore al 3,5%. Sino a qualche anno fa il valore del vino importato (2004) superava il valore del vino esportato.

Il Plavac mali è il più importante vitigno autoctono croato. I migliori arrivano da Pelješac dove la terra è rocciosa e il clima arido. Resiste bene alle malattie e ha una buccia spessa e resistente; produce molti zuccheri mentre l’acidità è moderata. I vini hanno profumi di frutta matura e di spezie; in bocca sono caldi, di grande struttura tannica e di piacevole morbidezza. Consumo ottimale ai 5 anni dalla vendemmia ma può invecchiare una decina di anni (da assaggiare Polijopromet). La migliore espressione è il Dingač, che nasce da suoli carsici e da vigneti in forte pendenza su cui l’insolazione è molto forte: è scuro, denso, forte, piacevole (da assaggiare Ivo Cibili). Lo Zinfandel è geneticamente uno dei genitori del Plavac. Grazie all’analisi del Dna ora sappiamo che ha lo stesso profilo Crljenak Kaštelanski, un antico vitigno croato. Le caratteristiche sono molto simili a quelle del nostro Primitivo, sia al naso sia in bocca (da assaggiare Marinovi). Pošip è un vitigno a bacca bianca, coltivato principalmente nell’isola di Korcula. Dal 1967 è il primo vino bianco croato ad origine geografica protetta. È un vino molto piacevole con profumi floreali e fruttati di albicocca. In bocca è secco, di buona struttura e aromatico (da assaggaire Korta Katarina). Degno di nota è un vitigno dal nome impronunciabile Grk, ma dal suono “greco” assai più familiare. È un vino pieno, con buona acidità ed estratti elevati. Ha colore paglierino e profumi aromatici leggermente speziati e dal sapore fortemente sapido. Eccezionale con le ostriche di Ston (da assaggiare Branimir Cebalo).

Attualmente molte delle aziende si sono dotate di cantine e di moderne attrezzature in grado di competere ai livelli più alti anche grazie anche un favorevole rapporto tra prezzo e qualità. Qui, come del resto altrove, si avverte che le bellezze naturali – la costa, i golfi, il mare, le isole – insieme al ricco patrimonio culturale e architettonico non sia più sufficiente, ma si debba accompagnare a un’offerta sempre maggiore di prodotti alimentari locali. “Aumentare la percentuale di generi alimentari locali nella nostra offerta gastronomica, non sarà semplice e veloce, in quanto le produzioni sono in grave crisi e ci vorrà del tempo prima arrivare ad un’offerta ottimale. I vini però sono già in grado di competere” sostengono gli esperti di Dunea. D’altra parte il flusso turistico di Dubrovnik e della Contea di Dubrovnik-Neretva è una grande opportunità, ma è anche una sfida per tutti produttori locali, viticoltori compresi, che patiscono l’eccessiva frammentazione. L'area vitata è di poco più di 2.100 ettari con una dimensione media del vigneto di 1.456 mq. Nel periodo tra 1999 – 2009, nella Contea sono stati piantati 250 vigneti nuovi.La maggiore superficie vitata si trova nella penisola di Pelješac (63,5 ettari) dove nascono opulenti Dingac e strutturati Plavac mali ma anche delicati e profumati Posip. “Sapendo che Dubrovnik dipende in gran parte dal turismo” continuano gli esperti “ed essendo meta ambita e marchio internazionale, i produttori sono sempre più consapevoli della importanza del turismo del vino per il loro sviluppo”. La Croazia, pur avendo un’antica tradizione, è scarsamente riconosciuta come paese produttore di vino. Il Dubrovnik Festiwine e tutte le attività collegate sono un primo passo per riconquistare il posto che gli spetta nel sempre più grande mondo del vino.

a cura di Andrea Gabbrielli

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 30 aprile.
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