Made in Italy che passione. Gli stranieri lo amano, ma non lo conoscono. Il report Cia

28 Set 2016, 08:30 | a cura di

L'export dell'agroalimentare italiano vale 37 miliardi di euro, ma potrebbe fruttarne 70. E i consumatori stranieri amano le eccellenze nostrane, ma conoscono solo il 5% di un paniere molto più ricco. Il problema dov'è? Se n'è discusso a Roma, con la Cia e il Gambero Rosso. 


Il made in Italy sulle tavole del mondo

Dentro i confini nazionali le produzioni tradizionali e le specialità e denominazione di origine rappresentano un paniere nutrito che conta ben 5847 referenze. Quello che arriva all'estero, sulle tavole dei consumatori internazionali in cerca dell'autentico made in Italy, è solo una minima percentuale, circa 200 prodotti che garantiscono alla cultura gastronomica tricolore una buona reputazione sulle tavole di mezzo mondo. Eppure, secondo le stime della Cia-Agricoltori Italiani, a fronte di un giro d'affari che sfiora i 37 miliardi di euro, l'export dell'agroalimentare italiano potrebbe garantire entrate per 70 miliardi ogni anno. E il dato conforta ancora meno a pensare che che 24 miliardi del fatturato complessivo sono generati esclusivamente dai rapporti commerciali con Germania, Francia e Regno Unito. Che vuol dire evidenziare le enormi potenzialità non sfruttate di un mercato che merita di crescere ed essere valorizzato (anche perché il 90% degli introiti è generato solo da un numero limitato di prodotti).

Per discuterne e riflettere sulle opportunità di crescita Cia ha organizzato presso l'Associazione Stampa Estera una giornata di incontro con giornalisti e stakeholder del settore, focalizzando l'attenzione sulle strategie di promozione delle aziende agricole italiane sui mercati esteri. Il piano di internazionalizzazione presentato da Cia prevede la collaborazione con diversi partner schierati in prima linea per la tutela del made in Italy enogastronomico, Gambero Rosso International in primis; con loro anche Ice, il Centro Studi Anticontraffazione e lo Studio Valdani e Vicari. Tanti gli spunti su cui ragionare emersi dall'incontro.

Made in Italy, questo sconosciuto

Per esempio che ben 4 consumatori stranieri su 10 giudicano la qualità dei nostri cibi superiore rispetto a quella locale, che il 43% degli statunitensi chiede più Made in Italy nei supermercati e che ben il 74% dichiara di essere disposto a riconoscere un prezzo maggiorato sui prodotti, a patto che siano 100% italiani. La domanda è forte, ancora di più se si considerano quei Paesi praticamente vergini negli scambi con l’Italia o le realtà emergenti come l’Asia. Ma d'altro canto mentre per i consumatori internazionali è più facile procurarsi l’Aceto balsamico di Modena, il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano, i Prosciutti di Parma e San Daniele, il Pecorino romano e il Gorgonzola, prodotti d'eccellenza come il Caciocavallo Silano, il Fagiolo di Sarconi o il Riso vialone nano del Veronese – per citarne alcuni - sono praticamente sconosciuti al di fuori dei confini nazionali.

Le strategie di crescita

La parola, a questo punto, passa al presidente nazionale Cia Dino Scanavino, che rivendica una posizione controtendenza: “Ho il timore che, a forza di parlare solo di km zero, stiamo relegando le nostre produzioni di eccellenza alla vendita nei mercatini rionali, che complessivamente generano un fatturato inferiore al miliardo e mezzo di euro. Questa strategia ‘limitata’ blocca, invece, un potenziale da almeno 70 miliardi di euro in export”. Ma è pur vero che il problema è strutturale e necessita di una strategia funzionale per aggredire i mercati stranieri, accompagnando le imprese agroalimentari in questo processo. E se da un lato questo significa contrastare in maniera univoca il fenomeno dell'italian sounding – un mercato parallelo del falso che muove ogni anno 60 miliardi – dall'altro l'obiettivo finale deve necessariamente tener conto dell'importanza di comunicazione e logistica, finora rivelatasi insufficiente per promuovere tout court un tessuto fitto di agricoltori e artigiani che rappresentano il più grande patrimonio dell'agroalimentare made in Italy.

 

a cura di Livia Montagnoli

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