Cantine in svendita e grandi acquisizioni. Marco Felluga, Tasca, Trabucchi e gli altri: la crisi del vino italiano è sempre più profonda

22 Mar 2024, 10:01 | a cura di ,
Villa Bucci nel gruppo Oniverse (Signorvino) e Marco Felluga nella galassia Tommasi: a breve la firma che sancirà le due operazioni. Ma in questo grande Risiko vitivinicolo sul mercato spunta anche Capofaro. Ecco chi potrebbe acquistarla

Prima regola del gioco: «Tutto è in vendita. È solo una questione di prezzo». Non sorprenderà, quindi, che in un periodo delicato come questo, il mondo vitivinicolo sia in particolare fermento. Calo dei consumi, crollo dell’export, aumento dei costi senz’altro sono degli ottimi motivi per mettersi sul mercato.
Dall’altra parte vale la regola dell’acquirente: «Gli affari si fanno quando si compra, non quando si vende». Riuscire a spuntare un buon prezzo, facendo leva proprio sull’incertezza del futuro di cui sopra, è il mantra di chi ha dalla sua liquidità e obiettivi a lungo termine.
Quando le due cose si incontrano il gioco è fatto. Allo stato attuale, nel grande Risiko delle cantine italiane sono diverse le pedine in movimento: è solo questione di tempo e di firme. Il Gambero Rosso ha provato ad anticipare le mosse del gioco.

 

L’espansione di Tommasi in Friuli con Marco Felluga

Partiamo dalla parte settentrionale del nostro cartellone vitivinicolo, dove, rielaborando un vecchio adagio potremmo dire che tuona, tuona ma la pioggia ancora non vuole arrivare. I rumors risalgono ormai alla fine del 2023 ma nelle ultime settimane si sono fatti sempre più insistenti: Tommasi, la grande azienda della Valpolicella, è prossima alla conclusione dell’affaire Marco Felluga. Non è ancora ufficializzato e non si tratterà di una vera e propria acquisizione quanto di una partnership fra la famiglia Tommasi e Ilaria Felluga.
L’azienda veronese nel 1997 ha allargato la sua attività con l’acquisizione dei 240 ettari di Poggio al Tufo in Toscana e, un po’ come era accaduto per importanti aziende piemontesi anni prima, sembrava che lo sviluppo dovesse fermarsi al grossetano. A partire dal 2012 però lo sviluppo aziendale ha subito una improvvisa accelerazione prima con l’acquisto della Masseria Surani, un centinaio di ettari in Manduria, cui si sono aggiunti gli altri 90 in Oltrepò Pavese di Caseo e rapidamente la tenuta Casisano a Montalcino. Nel 2016 è stato il momento di Paternoster in Basilicata, mentre negli ultimi anni Tommasi è sbarcata anche a Orvieto con una superficie di 50 ettari e sull’Etna, dove la proprietà ne occupa 15. In mezzo l’importante collaborazione con Tenuta La Massa a Panzano nel Chianti Classico e con Nicolis a San Pietro in Cariano in Valpolicella dove l’azienda è entrata come socio e non proprietario. Formula quest’ultima che sarà riproposta proprio con l’azienda Marco Felluga.

Marco Felluga, le vigne

Ilaria Felluga, a capo dell’azienda fondata dal nonno Marco nel 1956, porterebbe in dote Russiz Superiore, una realtà forte di una piattaforma viticola estesa per 50 ettari nel Collio, e Marco Felluga, brand che invece si avvale principalmente della collaborazione con conferitori locali. La gestione tecnica e la direzione rimarrebbero saldamente in mano alla famiglia Felluga.
Con quest’ultima operazione la casa di Pedemonte, guidata oggi da Pierangelo Tommasi e che vede il cugino Giancarlo alla direzione tecnica, rafforzerebbe la sua posizione fra il leader dell’enologia nazionale giungendo a controllare direttamente o tramite partnership un vigneto che ormai si estende fino a sfiorare i 900 ettari disseminati in molte delle denominazioni più importanti d’Italia, con una produzione che fino a ieri era principalmente orientata ai vini rossi ma che con questo sviluppo arricchirebbe il portafoglio di una importante selezione di vini bianchi di fascia alta da affiancare principalmente al Lugana.

Trabucchi a Dal Forno e Ca’ Bianca a Begali

Restando sempre in zona Nord-Est, non sono solo i grandi gruppi a passare di mano. Ci sono anche aziende più piccole ma di grande valore ad essere interessate da questo fenomeno che sottolinea una volta di più il momento di grande trasformazione che sta vivendo l’imprenditoria viticola nazionale. Nel mese di febbraio Luca e Michele Dal Forno, nel 2020 fuoriusciti dall’azienda familiare fondata da papà Romano, hanno rilevato la proprietà Trabucchi d’Illasi, una splendida tenuta che si estende per 25 ettari nella zona orientale della Valpolicella dedicati quasi esclusivamente alla produzione degli storici rossi veronesi.
È, invece, di pochi giorni fa la notizia che la piccola ma prestigiosa cantina Begali ha acquisito l’intera proprietà della Ca’ Bianca sulla collina di Castelrotto dalla famiglia Cesari. Operazione che, dopo la cessione dell’azienda al gruppo Caviro avvenuta nel 2014, di fatto sancisce l’allontanamento di Cesari dal mondo dell’Amarone.

Oniverse (Signorvino) verso l’acquisizione di Villa Bucci

Spostiamoci nelle Marche, dove i movimenti riguardano una delle aziende più identitarie dei Castelli di Jesi: Villa Bucci che dovrebbe essere acquistata dal gruppo Oniverse dell’imprenditore veneto Sandro Veronesi, conosciuto universalmente attraverso molteplici marchi legati al mondo dell’abbigliamento (tra essi Calzedonia, Tezenis, Intimissimi, Falconeri) ma ben attivo anche nel segmento vinicolo tramite la catena di enoteche e winebar Signorvino.

Ricordiamo che Villa Bucci per molti appassionati è la vetta più elevata quando si parla di Verdicchio. Il lusinghiero giudizio è il frutto di oltre quaranta vendemmie con una costanza qualitativa votata verso l’alto e dell’indubbia abilità di Ampelio Bucci nell’aver creato, in concorso con l’enologo trentino Giorgio Grai, uno stile peculiare, difficilmente imitabile, laterale quando non apertamente refrattario rispetto al corso delle mode. La scomparsa di Grai nel 2019 ha riacceso la domanda: quale sarà il destino dell’azienda? La curiosità poggia sul fatto che Ampelio, classe 1936, nonostante la verve con cui ancora oggi promuove e racconta la sua azienda, non abbia trovato una figura in ambito familiare che possa sostituirlo. Ecco, dunque, che nel corso degli ultimi anni si è creata una coltre di chiacchiere, spesso basate su illazioni personali, su di un inevitabile passaggio di proprietà. I soliti “ben informati”, puntualmente smentiti, hanno vaticinato a più riprese l’arrivo di facoltosi compratori: tra magnati stranieri, imprenditori nazionali molto attivi sotto il profilo della commercializzazione di prodotti agroalimentari e anche un grande nome dell’enologia piemontese desideroso di aggiungere un gioiello bianco alla propria personale collezione di grandi rossi se ne sono sentite -letteralmente- di tutti i colori. Questa volta però le notizie sembrano avere un solido fondamento.

Il passaggio di mano a Oniverse potrebbe essere ufficializzato al prossimo Vinitaly. Che il gruppo di Veronesi sia in espansione lo dimostrano le ultime operazioni: nel corso dello scorso anno le acquisizioni de La Giuva, la cantina fondata dal noto allenatore di calcio Alberto Malesani a nord di Verona, di Tenimenti Leone nel distretto dei Castelli Romani oltre a diversi ettari vitati nei dintorni di Alghero per il nascente progetto sardo del gruppo.

Le mire di Renzo Rosso su Montalcino

Altra regione altra operazione. Impossibile non parlare di Montalcino, dove l’interesse resta altissimo e dove i prezzi dei vigneti hanno raggiunto cifre da capogiro (fino a 900mila euro ad ettaro). In una recente intervista al Gambero Rosso (in uscita sul mensile di aprile) il patron di Diesel Renzo Rosso ha detto che il suo prossimo investimento potrebbe essere proprio nella terra del Brunello. D’altronde, dopo l’Etna e le Langhe, Montalcino sarebbe la mossa perfetta per chiudere il tris.
Da una breve ricostruzione territoriale, al momento sul mercato ci sarebbe l’azienda Pinino, sulla collina di Montosoli nell'area nord di Montalcino. A quanto pare, Genagricola che dallo scorso anno ne cura la distribuzione, non sarebbe interessata ad acquistarla, nonostante il gruppo assicurativo sia in fase di espansione attraverso la holding Leone Alato; l’ultima operazione riguarda l’annessione di Vigneti Fassone in Piemonte, mentre sempre in Toscana lo scorso anno si è assicurata la cantina biodinamica Duemani, in provincia di Pisa.
Per quanto riguarda Pinino, però, a parte la distribuzione, non sono state avanzate offerte da parte della stessa Genagricola. Nei mesi scorsi si era parlato di un certo interessamento – poi sfumato – da parte del gruppo Frescobaldi, ma di concreto c’è ancora poco. Se non il prezzo, che dovrebbe aggirarsi sui 12 milioni di euro trattabili. D’altronde, i conti son presto fatti: gli ettari sono dieci considerati al massimo del loro valore sul mercato.

Le mire di Argiano sul Piemonte

Percorso inverso per l’imprenditore brasiliano André Esteves che da Montalcino, potrebbe puntare dritto sul Piemonte.
A poco più di dieci anni dal fortunato arrivo in Toscana, il proprietario di Argiano (tenuta che quest’anno ha visto il suo Brunello 2018, incoronato miglior vino al mondo da Wine Spectator) vorrebbe espandersi anche fuori regione. In Piemonte, in un primo momento la scelta era ricaduta su Castello di Neive di proprietà, fin dagli anni Sessanta, della famiglia Stupino. Dopo lunghe trattative, l'affare non si è concluso. "L'azienda non è in vendita", è stata l'ultima parola della famiglia. A smentire in via definitiva ogni ulteriore tentativo - come invece era stato riportato dal Gambero Rosso - è lo stesso ad di Argiano Bernardino Sani.

La tenuta Capofaro a Salina

Un milione di euro per Tenuta Capofaro

Occhi puntati, infine, sulla Sicilia, dove il riassetto dell’azienda Tasca D’Almerita, dopo la morte del conte Lucio, prevede la vendita di Tenuta Capofaro di Salina. Acquistata una ventina di anni fa, la tenuta, che si trova nel comune di Malfa, comprende circa 6,5 ettari di vigneti. Una vera eccezione per l’isola eoliana, dove tutte le proprietà vitivinicole sono divise in piccole parcelle. Il prezzo richiesto sarebbe di un milione di euro. Non proprio una cifra alla portata di tutti.
Sull’isola, però, si dice che, dalla Toscana un possibile acquirente si sia già fatto avanti per mettere la sua prima bandierina sulla Sicilia. Tutti gli indizi sembrerebbero portare al gruppo Antinori. Resta da vedere se chi si imbarcherà nell’affare sarà pronto anche ad acquisire il resort annesso: 27 stanze vista mare, con ristorante e faro annesso (dopo la ristrutturazione è in concessione alla famiglia Tasca). Per averlo, però, bisogna mettere nel piatto altri 7 milioni di euro.

 

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