In crescita i consumi di bevande de-alcolate
Le bevande de-alcolate si confermano un vero e proprio fenomeno da tenere in considerazione. Di questa speciale tipologia, che la nuova Pac ha introdotto anche nell’Unione europea per quanto riguarda i vini, si parla da alcuni anni (e anche per i vini possono essere visti come delle opportunità oltre che come un'anomalia da rifiutare) e recentemente l’Iwsr, istituto londinese esperto in analisi di mercato, ha elaborato nuove stime. I cosiddetti prodotti no/low alcol valgono il 3,5% dei volumi totali di bevande alcoliche consumate in dieci top market (Francia, Germania, Spagna, Uk, Stati Uniti, Canada, Brasile, Sud Africa, Giappone e Australia). Nel solo 2021 l’incremento è stato del 6%. E le stime di crescita tra 2021 e 2025 assegnano a questa categoria un tasso composto annuo dell’8%.
Analisi e prospettive delle bevande de-alcolate
Attualmente il giro d’affari delle bevande de-alcolate è stimato poco al di sotto dei dieci miliardi di dollari Usa, rispetto ai 7,8 mld del 2018. Emily Neill, che dirige l’unità di analisi dei mercati di Iwsr, descrive un quadro in cui molti grandi brand e multinazionali (spirits, vino, birra) stanno investendo risorse e stanno osservando con attenzione il trend per capire quale diffusione possa raggiungere in futuro e, soprattutto, se il segmento potrà essere un complemento del brand principale oppure se sia meglio dare vita a marchi dedicati solo ai de-alcolati. A far riflettere è soprattutto la tendenza che vede un 43% di consumatori abituali sostituire i prodotti alcolici con quelli senza alcol o a basso contenuto di alcol in precise occasioni, anche se, precisa l’Iwsr, meno di uno su cinque evita del tutto l’alcol.
a cura di Gianluca Atzeni
Questo articolo è tratto dal settimanale Tre Bicchieri del 10 marzo 2022 – Gambero Rosso
Per riceverlo gratuitamente via e-mail ogni giovedì ed essere sempre aggiornato sui temi legali, istituzionali, economici attorno al vino
Iscriviti alla Newsletter di Gambero Rosso