Il settore Agrifood occupa il 40% della popolazione mondiale e l’innovazione nel settore rappresenta una delle principali opportunità di sviluppo economico e occupazionale. Sono alcuni dei dati emersi in occasione della quinta edizione di Seeds&Chips, The Global Food Innovation Summit, in programma dal 6 al 9 maggio. Africa,Tecnologie gastronomiche, Sviluppo sostenibile, Mare, Blockchain. Sono stati questi i 5 concetti al centro del dibattito.
Seeds&Chips 2019. Africa
Al centro dell’edizione 2019 l’Africa, che vedrà raddoppiare la propria popolazione nei prossimi 30 anni, se il trend di crescita degli ultimi anni verrà rispettato. “Non si può parlare del futuro del cibo senza avere l’Africa al tavolo della discussione. Le economie occidentali e quelle del continente africano devono interagire per valorizzare al meglio il potenziale umano dell’Africa, il continente più giovane del pianeta quanto a età anagrafica della popolazione”. Ha commentato Marco Gualtieri, presidente e fondatore del Summit.
Africa come “culla della rinascita”, dunque, considerato un continente pieno di opportunità, da sostenere nella crescita di infrastrutture, imprenditoria e innovazione, per la costruzione di un futuro resiliente. Se ne è parlato con Olusegun Obasanjo, ex Presidente della Federal Republic of Nigeria; Donald Kaberuka, settimo Presidente di African Development Bank Group; Yvonne Lokko di UNIDO e altre personalità impegnate nel mondo africano. Al dibattito ha partecipato anche Antonio Cammisecra, AD di Enel Green Power: “Siamo impegnati ormai da anni a rispondere alla crescente domanda di energia in Africa, attraverso le fonti rinnovabili. Grazie alle nostre competenze vogliamo contribuire a promuovere lo sviluppo del continente, supportando al tempo stesso le comunità locali con diverse iniziative di sostenibilità”. Obiettivo condiviso? L’Africa deve avere accesso diretto a quante più risorse possibili per continuare il suo percorso di crescita, ma tenendo sempre presente che questo percorso deve essere sostenibile.
Sviluppo sostenibile
Oltre a contribuire a ridurre il fenomeno della fame nel mondo, che affligge 800 milioni di persone, solo in Italia lo sviluppo sostenibile creerà 3 milioni di posti di lavoro. Si stima che il raggiungimento degli SDG’s (Sustainable Development Goals), a livello mondiale, porterà opportunità di business fino a 12 trilioni di dollari per i quattro sistemi economici: cibo e agricoltura, sviluppo urbano, energia, salute, che insieme rappresentano il 60% dell’economia mondiale.
Quali sono i mezzi a nostra disposizione per uno sviluppo sostenibile? Agricoltura di precisione, metodi di coltivazione innovativi (come idroponica o agricoltura rigenerativa), soluzioni per ridurre gli sprechi. Molte le aziende e le startup presenti che si impegnano in questi campi, da Farm from a Box che mette a disposizione delle aziende agricole medio piccole un box, per l'appunto, contenente tutte le tecnologie necessarie per un terreno di poco meno di due ettari (droni, sensori, pannelli solari, sistema di magazzinaggio), all'italiana illyCaffè.
Il processo di decarbonalizzazione di Illy
Andrea Illy ha mostrato come l’idea di business di un’azienda può sposare gli obiettivi globali di sviluppo sostenibile. La produzione di caffè avviene infatti esclusivamente in paesi in via di sviluppo e dipende da specifiche condizioni climatiche, dunque la qualità del prodotto finale è largamente influenzata dalle condizioni dell’ambiente in cui il caffè viene coltivato. Ecco perché c'è (e ci deve essere) un'attenzione per le politiche di sviluppo sostenibile, che in questo caso puntano alla decarbonizzazione: “L'agricoltura convenzionale produce il 25% delle emissioni di carbonio e nel giro di cinquant'anni deve arrivare a produrne zero. Ecco perché la nostra azienda ha intrapreso un processo di decarbonalizzazione arricchendo il suolo con materia organica. È un processo, però, che devono intraprendere tutti, aziende, agricoltori, consumatori (facendo scelte consapevoli), altrimenti non funziona. Dobbiamo unirci affinché l'agricoltura rigenerativa sia più virtuosa, competitiva e redditizia della convenzionale”.
Tecnologia gastronomica
Mai come quest'anno sul palco sono saliti scienziati e ricercatori che si occupano di tecnologia gastronomica. Il settore della clean meat è decisamente a buon punto (quest'anno nell'area espositiva erano moltissime le startup che hanno sviluppato, in maniera più o meno riuscita a livello di gusto, la carne fatta in laboratorio ma identica per valori nutrizionali a quella naturale), ma alcuni giocano in altri campionati, come Eran Baniel, Ceo di DouxMatok, un'azienda food-tech che studia soluzioni per la riduzione di zuccheri e sale. “A tutti piace essere indulgenti con se stessi e quindi anche quando si parla di cibi che fanno male, si chiude un occhio perché a comandare è quasi sempre il gusto. Ecco perché la nostra azienda sviluppa prodotti che hanno lo stesso sapore di quelli convenzionali, ma con una riduzione di oltre il 30% in zuccheri e sale ”.
La novità è che, la loro, non è una tecnologia che punta a creare nuovi tipi di zucchero (che il più delle volte alterano il sapore) ma applica principi di chimica verde sostenibile (cioè senza nuovi componenti chimici). “Quando mangiamo una torta solo il 20% dello zucchero va ai recettori del gusto, il restante va direttamente al sistema digestivo. Quello che facciamo è legare lo zucchero a fibre e minerali che, detto in parole povere, si è visto rimangano più a lungo sui ricettori. Questo fa sì che lo zucchero DouxMatok sia più soddisfacente rispetto allo zucchero normale”. Insomma hanno sviluppato una soluzione a base di zucchero che raggiunge una migliore percezione della dolcezza utilizzando effettivamente meno zucchero. Uno zucchero che “zucchera” di più.
Il mare
Altro protagonista della quinta edizione del summit è il mare. Mare che “rappresenta il 71% del nostro pianeta”, commenta Andrew Sharpless (Ceo di Oceania), che aggiunge: “Perché non lo ripopoliamo? Abbiamo visto come sia relativamente semplice ripopolarlo, basta evitare la pesca eccessiva e diminuire l'inquinamento. Tutti i paesi dovrebbero impegnarsi a vietare la sovracattura, solo così lo 'stock' di pesce si ripristina, e parliamo di stock enormi: in un report di Nature è stato mostrato come 600 milioni di persone - le quali rischiano la malnutrizione – possano contare sul pesce”. Le opportunità che l'oceano ci offre tranquillizzano, così come l'alleanza tra i pescatori di 22 Paesi del bacino mediterraneo per liberare il mare dalle plastiche, con l’obiettivo di promuovere iniziative che portino a una legislazione comune nel Mediterraneo.
Blockchain
In tutti i trend citati a dettare le regole rimangono comunque i consumatori. I quali vogliono fondamentalmente sostenibilità e cibi sani e buoni. E soprattutto vogliono sapere come sono stati prodotti e con quali ingredienti sono fatti. La nuova frontiera in tal senso è rappresentata dalla blockchain applicata alla filiera del cibo e del vino. È una sorta di Internet delle transizioni dove tutti gli attori della filiera condividono delle informazioni per renderle disponibili alla comunità di utenti in un database virtuale. Il che implica svariati concetti: il concetto di community prima di tutto, e poi trasparenza, fiducia e immutabilità nel tempo, perché ogni dato inserito in questo database virtuale non può essere cancellato. Il che assume ancora più valore se, come detto da Christoph Weigl (SeeHow), si pensa al fatto “che i millenials – i quali sanno usare le tecnologie implicate nella blockchain - sono attualmente il più grosso gruppo di consumatori: siamo la generazione che studia i brand e li cerca su google, cerchiamo cosa producono e come producono. Non solo, il 74% dei consumatori sono disposti a passare da un brand all'altro se quest'ultimo segue regole di trasparenza”.
I crypto-anchors
Sul palco anche Joe Tilley della startup In-code Technologies, che propone addirittura un marcatore commestibile (una sorta di fialetta contenente un liquido inodore, insapore e commestibile) in grado di identificare qualsiasi tipo di contraffazione. Come? “Si tratta di crypto-anchors - i crypto-anchors sono delle specie di impronte digitali che possono assumere molte forme, ad esempio possono essere minuscoli computer o codici ottici, e legati alla blockchain rappresentano un potente mezzo per dimostrare l'autenticità di un prodotto - che hanno una reazione chimica a seconda di quello che si vuole “smascherare”. Esempio concreto: se un olio di palma sostenibile viene marcato dai nostri marcatori, si colorerà non appena viene diluito con un olio non certificato mostrando al consumatore o al trasformatore la non autenticità dell'olio che gli hanno venduto”. Fantascienza? No è il presente e rappresenta la strada in grado di combattere le frodi alimentari.
Nota a margine
Si è parlato ancora troppo poco di food delivery (qualche startup c'era, come per esempio i ragazzi di Hotbox), eppure sempre più consumatori utilizzano i vari servizi presenti sul mercato. Lanciamo dunque una provocazione: vorremmo si parlasse di più di una progettazione sistemica, che implica di fatto un'attenzione nei confronti della sicurezza alimentare e soprattutto della sicurezza sul lavoro.
a cura di Annalisa Zordan