C'è un piccolo teatro di provincia che all'intervallo serve cappelletti fatti in casa. Lo hanno fondato dei braccianti

9 Feb 2024, 15:51 | a cura di
La storia affascinante del Teatro Socjale di Piangipane, vicino Ravenna, fondato oltre 100 anni fa da una cooperativa di agricoltori. La caratteristica? Sono tutti volontari, e nell'intervallo si servono cappelletti fatti da loro

A dieci chilometri da Ravenna c'è un teatro in cui durante l'intervallo si servono cappelletti. Bisogna arrivare a teatro qualche minuto prima: spesso c'è un po' di fila per prenotare, ma è necessario perché la pasta è cotta al momento. Durante la pausa vai e prendi i tuoi cappelletti. Li preparano a mano i volontari del Teatro Socjale di Piangipane. Un'incredibile esperienza di teatro di comunità, voluto e costruito dai contadini per i contadini e per tutta la comunità, come in Romagna ce ne erano molti. Ancora oggi la proprietà delle mura è della Cooperativa Agricola Braccianti che più di 100 anni fa ha voluto e costruito questo teatro, esiste una Fondazione che dà in uso lo spazio a un Circolo Arci, ma anche al Ravenna Teatro e al Ravenna festival.

teatro socjale cappelletti

Il teatro sociale che serve cappelletti

Al Sociale sono tutti volontari: 40-45 persone di Piangipane e dintorni. Tra di loro anche sfogline e sfoglini che durante la stagione, che va approssimativamente da novembre ad aprile, si ritrovano ogni 15 giorni, di lunedì, per preparare i cappelletti, come azdira comanda: mattarello e olio di gomito. La ricetta è quella classica di Ravenna: uova e farina per la sfoglia, in proporzione 1:1, Grana Padano e Parmigiano Reggiano in parti uguali, per il ripieno, dove c'è pure uovo e noce moscata. Li servono in piatti di coccio, con il ragù. Qualcuno – ma sono pochi – li vuole in bianco, con solo l'olio.

Un bicchiere di vino c'è sempre: qui è zona di Sangiovese, ma si può scegliere anche altro. Il resto lo fa qualche tagliere, le olive, ma il cappelletto è un must. Certe sere ne vanno un centinaio di porzioni, altre meno, dipende dalla serata, dal tipo di spettacolo e di pubblico, ma non si scende mai sotto le 40. In platea, del resto, non ci sono file di poltroncine fisse, ci sono le sedie e dietro, vicino al bar, qualche tavolino, che per mangiare è più comodo, in molti seguono gli spettacoli sorseggiando un drink. «Ci sovvenzioniamo con un po' di contributi pubblici, pochi, ma soprattutto con i biglietti e gestendo il bar», dice Tiziano Mazzoni, che è presidente del circolo.

 

teatro socjale foto storica

La storia del Teatro Socjale

Con i cappelletti dunque si mantiene in vita la tradizione e contemporaneamente si sostiene questo spazio che pare un'utopia e invece è realtà, da oltre un secolo. Era il 7 settembre 1911 quando la Cooperativa Agricola Braccianti Piangipane decise di acquistare un terreno per costruirci un teatro. Un teatro sociale, la cui concezione affonda nell'idea che un centro abitato dovesse avere anche spazi di socializzazione e ricreazione, in cui affiancare all'auspicata crescita sociale ed economica, anche un'evoluzione culturale e intellettuale.

Piangipane, ai primi del Novecento, era un importante centro agricolo: quel borgo che si sviluppa come un serpentello lungo la via Piangipane, sopraelevata rispetto ai terreni circostanti, ha una storia antica: nasce con le prime bonifiche rinascimentali delle valli a nord-ovest di Ravenna, bonifiche che si susseguirono anche nei secoli a venire, ampliando a dismisura i terreni coltivabili. La presenza di quella via di collegamento con le zone vallive, che poi non è che l'alzaia del vecchio corso del fiume Lamone, è stata un irresistibile richiamo per i braccianti nell'800. Così alla soglia del secolo breve, la comunità di braccianti era ben radicata.

teatro socjale

Dall'acquisto del terreno all'apertura del teatro passarono 10 anni, furono gli stessi braccianti a occuparsi della sua costruzione, nei momenti liberi dal lavoro dei campi. Quando fu pronto, si decise per un vezzo di chiamarlo Teatro Socjale, con la J, che secondo il decoratore migliorava l'armonia della scritta. Il taglio del nastro fu accompagnato da un comizio, che diede il via alla sua attività. Il palcoscenico si animò di eventi, i palchi si riempirono e così la grande platea vuota, senza poltrone: ognuno si portava la propria sedia da casa. Sera dopo sera ci furono musica e parole, feste paesane, incontri culturali e politici, persino il veglione in maschera che celebrò per oltre mezzo secolo il martedì grasso. Non ci sono stati solo momenti felici: negli anni Settanta, per esempio, l'avvento della tv e delle automobili ha allontanato il pubblico, anche i braccianti sono radicalmente diminuiti, quando il lavoro agricolo è stato sostituito da altri.

teatro socjale piangipane

Per una ventina d'anni è andata così poi, «nel 1990, alcuni giovani del paese hanno pensato che fosse uno scempio che qualcosa per cui i nostri nonni si erano impegnati andasse perso, così hanno chiesto alla proprietà, che non è mai cambiata, di poterlo usare»; è nato un circolo jazz che da 40 anni fa musica. La programmazione è cresciuta stagione dopo stagione, agli artisti locali si sono affiancati nomi di risonanza nazionale. E il teatro è rinato.

Nel 2004 è stato dato alla Fondazione che l'ha ristrutturato, pur rimanendo di proprietà della Cooperativa, con un restauro conservativo teso a preservare la struttura originaria e l'anima autentica di questo posto; era aprile del 2007 quando ha riaperto. Al taglio del nastro, nella serata a inviti per chi aveva partecipato fattivamente al restauro, ci sono stati gli Avion Travel di Beppe Servillo, ma l'inaugurazione vera e propria fu qualche giorno dopo, il 20 aprile, con un evento gratuito aperta a tutti in cui si alterneranno sul palco diversi artisti. Fu il ritorno di un luogo di grande valore, artistico, sociale, simbolico. Un posto che nel corso del tempo ha consolidato una formula semplice, ma efficace: arte e cappelletti.

Foto di copertina: Stefano Bentini

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