E-commerce di vino in Ue, il futuro è ancora lontano. Ma quanto perde l'Italia?

18 Dic 2015, 16:08 | a cura di

Iva, accise, intermediatori, documenti di accompagnamento cartacei e digitali: ecco tutto quello che serve per la vendita di vino diretta in Europa. Come semplificare? Obiettivo one-stop-shop, proposto da Fivi e Cevi a Bruxelles. Ma passerà ancora almeno un biennio. E intanto...

A ridosso delle festa natalizie assistiamo con sempre maggiore irruenza all'ascesa del commercio elettronico e contemporaneamente dell'enogastronomia. Ma, a discapito di quella che potrebbe essere la più facile delle deduzioni, le due cose stentano ancora a camminare insieme. Se in Italia i motivi sono da ricercarsi in una diffidenza tutta nazionale, al di fuori dei confini la spiegazione è di altro tipo, e risponde alla voce burocrazia e costi. Ricordiamo, infatti, che il vino è trattato al pari di tabacco e superalcolici, per cui ogni Paese deve prevedere, oltre all'Iva, un'accisa che varia a seconda dello Stato: pari a zero Italia, relativa solo alle bollicine in Germania, molto alta nel Regno Unito, e così via. Si capisce, a tal proposito, quanto la doppia partita Iva e accise non sia di facile gestione e quanto possa pesare nell'era del commercio elettronico. D'altronde il sistema accise risale a quando l'e-commerce non era ancora diffuso. Oggi, quindi, un passo in avanti è necessario.

 

Costi di spedizione per piccoli volumi

Per capire meglio proviamo ad immaginare di essere un piccolo produttore alle prese con la spedizione di una singola bottiglia di vino in un altro Paese. Come fare? Dotarsi di un domicilio fiscale nel Paese di destinazione per spedire esclusivamente quella bottiglia? Creare una propria rete distributiva? Un po' troppo oneroso. Così, una delle poche soluzioni possibili, al momento, è affidarsi alla figura del cosiddetto spedizioniere, che oltre ad occuparsi del trasporto, diviene il rappresentante fiscale del produttore nel Paese di destinazione. Con costi non irrilevanti per l'assolvimento delle pratiche, anche lì dove le accise sono pari a zero (facciamo l'esempio della vendita diretta di 12 bottiglie di vino dall'Italia all'Ue, per un ordinativo di 100 euro. Le spese sono diverse 30 euro di trasporto e 60 euro di assolvimento pratiche per Iva e Accise. Per un totale di circa 90 euro (varia in base all'accisa). Il totale di 190 euro è quasi il doppio rispetto alla vendita delle 12 bottiglie in Italia).

 

E-commerce di vino in Ue. La procedura

Per evitare fenomeni evasivi e fraudolenti nella circolazione dei prodotti enologici, l’Unione Europea ha istituito un sistema informatico EMCS (l’acronimo di Excise Movement Control System). Il sistema ha previsto la sostituzione del documento amministrativo di accompagnamento in formato cartaceo con un messaggio elettronico, detto DEA, consentendone così il controllo in tempo reale. La Direttiva 118/2008/EC ha obbligato tutti gli Stati membri e gli operatori economici ad aderire all’EMCS, fatti salvi i piccoli produttori di vino, che possono avvalersi di un documento cartaceo (MVV). Tuttavia, tale sistema prevede che anche nel caso di spedizione cross-border di un piccolo quantitativo di vino per uso personale - per esempio, una singola bottiglia venduta attraverso un negozio online - si debba attivare la procedura esaminata. Questa implica l’intervento di operatori economici autorizzati, quali spedizionieri, importatori di vino, etc. (fonte Netcomm)

 

Documentazione richiesta

Tra i documenti richiesti, rimanendo nell'ambito del piccolo produttore (ovvero chi produce sotto i mille ettolitri di vino), c'è l'MVV, foglio di accompagnamento cartaceo il cui acronimo sta per Movimento prodotti vitivinicoli. Ma alcuni Stati europei, tra cui il Regno Unito, non sempre lo accettano, pretendendo al suo posto quello elettronico. Pratica da cui, invece, i piccoli produttori sono dispensati. E questa richiesta, per loro, rappresenta un nuovo ulteriore problema da discutere e risolvere in ambito Ue. D'altro canto, se si tratta di grandi aziende, le cose non vanno, poi, tanto meglio. È vero che, in molti casi, esiste già una rete di distribuzione, ma in questo caso il documento amministrativo di accompagnamento in formato cartaceo deve essere necessariamente sostituito da un messaggio elettronico, detto DEA. L'iter vuole che un operatore economico autorizzato italiano apra il documento elettronico, mentre un operatore economico autorizzato nello Stato membro di destinazione lo chiuda. Altra pratica non così immediata.

 

Il rapporto Netcomm sulle piccole spedizioni

A tal proposito è molto esemplificativo il rapporto Netcomm (Consorzio del commercio elettronico italiano) sull'e-commerce italiano presentato alla Camera dei Deputati: “Si tratta di operazioni a fronte delle quali è richiesta la corresponsione di pagamenti che, nel caso di spedizioni aventi ad oggetto pochi colli, possono risultare più costosi della spedizione stessa. Il sistema in esame, cioè, è nato per spedizioni di ingenti volumi di prodotti enologici tra operatori economici, ma è inadeguato per la gestione di vendite a consumatori finali. Esso svantaggia l’export italiano di vini in maniera netta ed irreparabile”. Non usa mezzi termini il presidente Netcomm, Roberto Liscia: “Si tratta di un sistema borbonico, costoso e farraginoso. Soprattutto verso quei Paesi dove si tratta di avviare la procedura, anche se il costo delle accise è pari a zero”.

Premesso ciòuna delle proposte Netcomm presentata alla Camera dei Deputati è l'accorpamento delle accise o la previsione di un'Iva maggiorata piuttosto che il pagamento dell'accisa stessa. “Nell'ambito dell'e-commerce infatti” spiega Liscia “quello che risulta più difficoltoso è proprio il doppio binario Iva-accise che andrebbe semplificato. Inoltre Netcomm ritiene che il Governo italiano dovrebbe svolgere attività di persuasione morale affinché sia modificata la disciplina di monitoraggio delle accise a livello europeo, esentando gli operatori e-commerce dalla procedura di emanazione e chiusura dei DEA”.

 

La proposta di un un one-stop-shop

A fronte di tutto ciò, in queste settimane Fivi (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti) e Cevi (Confederazione Europea Vignaioli Indipendenti) - da sempre in prima fila per risolvere il problema - hanno portato la questione e le loro proposte in ambito europeo. “Nell'incontro della scorsa settimana aBruxelles” cidice Matilde Poggi, presidente Fivi e vice Cevi“il gruppo di lavoro accise ha accolto nostra proposta di istituire un one-stop-shop per assolvere al pagamento di Iva e accise nel Paese di origine. Da parte loro è stata considerata come l' unica soluzione possibile, anche se, hanno chiarito, non è prospettatile nel breve termine. Ci sono da mettere d'accordo 28 Stati, anche se nessuno è espressamente contrario. Se tutto dovesse andare come previsto, nel 2016 si potrebbe ipotizzare un primo step per creare l'Istituto e risolvere la parte Iva, infine nel 2017 ampliare anche al sistema accise”.

Un biennio di attesa, quindi, durante il quale, però, i vignaioli non resteranno a guardare. “In attesa del one-stop-shop” continua Poggi “una possibilità è fare degli accordi bilaterali con i singoli Paesi. Pertanto, insieme a Vif-Vigneron Indipendant Francais solleciteremo i rispettivi Governi in questo senso. Oltre alla Francia, altre nazioni verso i quali l’Italia guarda con maggiore attenzione sono alcuni mercati storici, come Austria e Germania".

 

De Castro: organizzazione, semplificazione e accordi bilaterali

Sulla questione ha detto la sua anche Paolo De Castro, coordinatore S&D della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento Europeo. “Nel lungo periodo” ha commentato “il Gruppo di contatto per le accise ha confermato la possibilità di adottare la proposta one-stop-shop, ma non abbiamo però certezze temporali in merito. Sicuramente, in attesa di una semplificazione efficace e definitiva di questi aspetti, bisogna puntare a una maggiore organizzazione delle imprese e alla definizione di accordi bilaterali tra Paesi per agevolare le vendite e promuovere l’eccellenza dei nostri vini in Europa”. De Castro ha, poi, sottolineato come il sistema di e-commerce per il settore vino sia alquanto obsoleto: “Una burocrazia pesante e arretrata come quella esistente rende ancora più difficile la situazione ai piccoli produttori che hanno meno strumenti per promuovere e commercializzare il proprio vino all’estero. I dati di qualche mese fa mettevano in evidenza come il 65% delle imprese vitivinicole del nostro Paese non venda online, a testimonianza di un limite fortissimo che deve essere superato quanto prima”.

Dobbiamo tutelare i piccoli produttori di vino, arrivando a una maggiore sburocratizzazione” gli fa eco l'europarlamentare Daniele Viotti (Pd), che ha presentato proprio in questi giorni un'interrogazione alla Commissione europea. Nel testo Viotti chiede “se la Commissione non consideri la figura del rappresentante fiscale come un ostacolo alla libera circolazione delle merci. Al momento” spiega “quasi tutti i Paesi Ue impongono questo obbligo, con conseguenti oneri per le piccole aziende vitivinicole che vogliono esportare i loro vini".

 

Il parere del Movimento Turismo Vino

La priorità adesso sembra quindi, quella di spingeresui Governi per accelerare gli accordi bilaterali, fino a poi raggiungere l'obiettivo one-stop-shop. Battaglia da cui non si sottrarrà neppure il Movimento Turismo del Vino, che da sempre, considera la vendita diretta e l'e-commerce in Ue, temi molto importanti. “Il problema delle accise riguarda tutti” dice il presidente Carlo Giovanni PietrasantaPer questo appoggiamo le iniziative di Fivi e saremo al loro fianco: non con in forconi, ma con in mano le bottiglie di vino. C'è bisogno di più liberalizzazione su questo tema. Fare enoturismo significa anche ricevere il turista straniero in cantina e avere la possibilità di inviargli il vino a destinazione nel momento in cui questo ritorna nel suo Paese. Nel caso in cui arrivasse con la macchina il problema non si pone, in quanto è possibile trasportarne fino a 90 litri procapite, esibendo lo scontrino fiscale. Ma, nel caso in cui il turista prendesse l'aereo o comunque decidesse di fare un ordinativo a distanza tramite i siti e-commerce delle cantine, diventerebbe tutto più complicato”. A questo punto, visti i costi e le procedure, il gioco vale la candela o meglio rinunciare? “O si rinuncia o si trovano soluzioni alternative” continua Pietrasanta “ad esempio una strada percorribile è che sia lo stesso acquirente - in alcuni casi per interposta persona - a spedirsi la merce in modo che mittente e destinatario coincidano. In questo caso non c'è bisogno di avviare altre pratiche o avere altri costi, oltre al trasporto. Un sistema sul filo del rasoio che in qualche modo, però, riesce a raggirare l'ostacolo”.

E intanto, in attesa della liberalizzazione del mercato, il Movimento Turismo del Vino, annuncia che nei prossimi mesi lancerà un sistema per i suoi associati che permetta loro di inviare vino nell'Ue in modo semplificato, frutto di un accordo con un grosso gruppo internazionale di trasporti. Il resto e i dettagli, a tempo debito.

 

a cura di Loredana Sottile

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 17 dicembre

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