Tradizionale e sostenibile. Metamorfosi Lambrusco

23 Nov 2018, 09:30 | a cura di

Ecco i progetti dei consorzi di Modena e Reggio per la Dop Lambrusco: un nuovo centro servizi, sostenibilità, promozione e la difesa del marchio in Italia e all'estero.

Un gigante da oltre 165 milioni di bottiglie che vuole riscoprire il proprio carattere originario e che strizza l'occhio ai consumatori più esigenti, attraverso il driver della sostenibilità. Il complesso mondo del Lambrusco emiliano tiene in serbo nuove carte da giocare sui mercati, con il duplice obiettivo di consolidare le proprie posizioni e conquistare la fiducia delle nuove leve.

L'operazione svecchiamento, avviata diversi anni fa, sembra completarsi, grazie al lungo lavoro dei due consorzi di tutela di questi anni. Quella verace origine contadina, che creava tanto imbarazzo tra buyer e distributori, ora è diventata un elemento da spendere e su cui basare un efficace storytelling. In questo nuovo corso, per il vino più venduto nella Gdo italiana, conosciuto nel mondo grazie alla sua particolarità olfattiva e gustativa, i prossimi anni saranno decisivi, considerando le novità in arrivo sia sul fronte agronomico sia su quello più strettamente promozionale.

Il Lambrusco. Un po' di storia

Percorrendo la via Romea, da Ravenna verso Venezia, si possono vedere le ultime viti selvatiche italiane, protette dalla filossera dai terreni sabbiosi del delta del Po. Sono le stesse viti che migliaia di anni furono addomesticate nella pianura padana dando origine a quella straordinaria famiglia di vitigni che è quella del Lambrusco. essuna contaminazione di geni orientali, quelli che migrarono con i romani dall’Egeo e dalla Georgia e un carattere unico, perfettamente adattato a quei terreni difficili che hanno caratterizzato per secoli la pianura padana”. A parlare è Giorgio Melandri giornalista enogastronomico che del Lambrusco racconta passato e presente: “Oggi questo vino sta vivendo un momento magico, perché quei caratteri che lo rendono diverso da tutti sono di nuovo interpretati nei canoni territoriali, valorizzati da una filiera che, smaltita la sbornia 'industriale' degli anni ’70, ha ritrovato il gusto della qualità. Se a questo si aggiunge la capacità imprenditoriale dell’Emilia e una cucina straordinaria da portare nel mondo, si capisce bene come questo territorio possa preparare un successo che può stupire il mondo”.

Prossimi passi per il futuro

La ricerca di un'identità più forte, attraverso la reintroduzione dei cloni storici, il rinnovo degli impianti e una moderna meccanizzazione, la certificazione di sostenibilità che potrebbe arrivare a breve. Armi nel cassetto che, se saranno comunicate al meglio, potrebbero dare al mondo dei lambruschi una grande spinta sul lato commerciale.

I due principali consorzi di tutela (quello del Lambrusco di Modena e quello dei vini Dop Reggiano e Colli di Scandiano e Canossa) fanno sul serio e hanno scelto la via dei controlli serrati al proprio interno e della rigida tutela internazionale. Ma c'è un altro elemento che gioca a favore di questa Dop: l'interesse suscitato, a più livelli, dalle versioni metodo classico, che sta consentendo di ottenere importanti riconoscimenti da parte delle guide di settore, conferendo lustro all'intera denominazione.

Lambrusco Reggiano e Lambruschi di Modena. Le differenze

La differenza tra lambrusco di Reggio e di Modena la spiega il presidente Davide Frascari (Consorzio vini Dop Reggiani e Colli di Scandiano e di Canossa): il Lambrusco Reggiano nasce da un blend di uve che ogni azienda sceglie cambiando i rapporti percentuali della composizione dei vitigni. Il Reggiano è un Lambrusco personalizzato. Diverso il caso di Modena, territorio in cui si è lavorato sulla selezione dei singoli vitigni (tra cui Sorbara, Santa Croce, Grasparossa) cercando di esaltare le caratteristiche di ogni uva Lambrusco

L'annata e la produzione

Il vino prodotto nel 2018, e proveniente dalla complicata vendemmia 2017, ha subìto una flessione del 23%, a causa della gelata primaverile nel 2017 e del prolungato periodo di siccità in estate. La vendemmia delle uve Lambrusco nel 2018, invece, è in linea con le previsioni di una annata normale. Anzi, le stime dei consorzi di tutela, prevedono un leggero incremento del 2% rispetto all'annata 2016, in cui furono raccolti 1,4 milioni di quintali. Si tratta di una produzione “assolutamente nella norma”, che Davide Frascari, presidente del Consorzio tutela e promozione dei vini Dop Reggiano e Colli di Scandiano e di Canossa, spiega così: “Il dato 2018 va letto alla luce del fatto che nel nostro distretto, tra 2015 e 2016, sono arrivati 1.700 ettari di quote di reimpianti provenienti da altre zone d'Italia. Pertanto, il 2018 è stato l'anno in cui è entrata in produzione una parte di questi nuovi impianti, soprattutto nel Reggiano”.

Vigneto ammodernato

Gli oltre 12mila ettari vitati a Lambrusco tra Reggio Emilia e Modena hanno vissuto un recente e salutare processo di ammodernamento, grazie a una “accelerazione delle operazioni di riconversione degli impianti, con una conseguente spinta alla meccanizzazione”, sottolinea Frascari. E per soddisfare le necessità dei produttori di avere a disposizione nuovi cloni di uve Lambrusco, i consorzi hanno scelto di ridimensionare il ruolo dei vivaisti nel processo di selezione (che aveva virato verso le quantità) e di avviare, da circa due anni, un lavoro congiunto con università e altri enti del comparto. L'obiettivo è arrivare a tipologie “sempre più adeguate ai cambiamenti climatici, capaci di rappresentare la tipicità storica”. Per fare due esempi: i grappoli del Lambrusco Salamino più compatti e meno produttivi, oppure l'esaltazione dei profumi e delle acidità del Sorbara.

Una via verso la sostenibilità

Altri importanti cambiamenti hanno portato questo prodotto italiano a scegliere una via moderna alla produzione di vino. La propensione all'export del Lambrusco ha determinato nelle imprese la consapevolezza che, andare negli Stati Uniti, in Giappone, nel Nord Europa comporta oggi una comunicazione a 360 gradi sul prodotto. A cominciare dagli aspetti ambientali, sociali ed economici. “Essendo il biologico una strada poco praticabile, abbiamo scelto di giocare in anticipo sui temi della sostenibilità” osserva il presidente Frascari “cercando di dare risposte alle esigenze di salubrità che il consumatore cerca nel vino”. Il processo di ottenimento del protocollo Equalitas non è ancora completo. Manca ancora l'ottimizzazione delle risorse idriche, seppur ricco, su cui i due consorzi stanno lavorando: “I due terzi delle nostre cantine oggi rispettano i parametri. Entro il 2019 dovremmo raggiungere l'obiettivo del 100%”.

Centro servizi unificato

Se Modena e Reggio Emilia sono i due motori del Lambrusco, è anche opportuno che i servizi ai produttori erogati dai due consorzi di tutela siano unificati e razionalizzati in un'unica sede operativa. Entro il prossimo mese di dicembre è prevista, infatti, la costituzione del Centro servizi della via Emilia, con sede a Modena (via Virgilio), che accoglierà anche il personale della sede di Reggio Emilia, destinata alla chiusura. I locali sono messi a disposizione dalla Camera di commercio di Modena. “Prevediamo di assumere una figura che si occupi del tema della certificazione”, annuncia Frascari.

Più controlli su Doc e Igt

Non solo certificazione, ma anche controlli più serrati su tutta la denominazione. Il disciplinare non sembra essere in discussione ma il dibattito interno sull'eventuale passaggio a Doc della grande mole di Lambrusco Emilia Igt (70 milioni di bottiglie nel 2018) ha acceso i riflettori sull'importanza delle verifiche in loco. “Col nuovo piano dei controlli, il 30% dei trasferimenti di cisterne interni alla zona di produzione viene verificato a campione”, sottolinea Frascari. I consorzi vogliono ridurre il rischio manipolazione del prodotto nel delicatissimo passaggio tra le cantine sociali (che rappresentano il 90% delle quantità di uve trasformate) e i commercianti di vino della zona. Una lente di ingrandimento che chiude il cerchio, dopo la relativamente recente introduzione dell'obbligo di presa di spuma (frizzantatura) nell'area di produzione. “Se si sceglie di arrivare a un lambrusco al 100% Doc” sottolinea Frascari “occorre prima di tutto avere sotto controllo il sistema produttivo dell'Igt Emilia”. Anche in questo consiste il processo di miglioramento qualitativo.

I mercati

Il bilancio dei primi otto mesi del 2018 è in netta ripresa: se nel 2017 erano state prodotte 77 milioni di bottiglie (di cui 26,7 mln di Lambrusco Doc e 50,2 mln di Lambrusco Igt), nello stesso periodo del 2018 sono state confezionate 98.255.657 bottiglie, delle quali 29.121.062 di Lambrusco Doc e 69.134.595 di Lambrusco Igt, con un incremento di produzione anno su anno del 22%. Una netta ripresa che va di pari passo, come rileva Claudio Biondi, riconfermato alla guida del Consorzio del Lambrusco di Modena dopo l'uscita di Pierluigi Sciolette, con il buon momento delle vendite in Francia, Germania e Spagna e la contemporanea crescita in Canada, Brasile, Giappone, Messico e Russia.

I prezzi

Per il presidente Biondi, parlare di prezzi significa analizzare tre aspetti diversi della Lambrusco valley. Le remunerazioni delle uve ai soci, che oggi ammontano a circa 38 euro a quintale, e che consentono di raggiungere una produzione lorda vendibile di 10mila euro per ettaro. Il prezzo del vino in cisterna che dalle cantine passa agli imbottigliatori: “Registriamo un lieve calo a causa di una annata più abbondante”. Il prezzo alla bottiglia: “Nel 2017, nonostante il calo produttivo, si è deciso di non incrementare oltre un certo limite il livello. In pratica, gli imbottigliatori si sono fatti carico dell'aumento della materia prima”. Considerati questi elementi, il mercato “risentirà di una annata produttiva abbondante”.

La promozione

Lasciatosi alle spalle l'immagine di un vino adatto soltanto ai pasti principali, il Lambrusco è riuscito a operare una “metamorfosi”, come la definisce il presidente Biondi, alla luce dei cambiamenti degli stili di vita: “C'è una nicchia di mercato che si sta ampliando rispetto alle abitudini di consumo e ci sono spumanti da uve Lambrusco che non trovi più negli scaffali da supermercato, bensì nelle carte dei vini della ristorazione”. Grasparossa, Sorbara, Salamino appartengono alla stessa famiglia ma hanno caratteristiche differenti: “Un grande vantaggio, che sta consentendo al Lambrusco di strutturare le fasi della promozione a seconda dei Paesi target: nella declinazione amabile e a basso tasso alcolico stiamo lavorando su Paesi come Stati Uniti e Canada; mentre con importatori e consumatori Ue stiamo promuovendo uno stile di Lambrusco più secco”.

a cura di Gianluca Atzeni

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri dell'8 novembre

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