Il pranzo di Pasqua 2016 con le ricette di quattro giovani chef

24 Mar 2016, 12:12 | a cura di

Sara Preceruti di Acquada, Andrea Giuseppucci de la Gattabuia, Martina Caruso dell'Hotel Signum e Luca Abbruzzino del ristorante Antonio Abbruzzino: 4 giovani promesse (già mantenute) per un menu di Pasqua d'eccezione.

Giovani, carini e disoccupati, titolava qualche anno fa un film di un certo successo. Ora, se per gran parte d'Italia disoccupati è la parola chiave in questi anni, soprattutto tra gli under 30, non si può dire lo stesso per la ristorazione, dove l'età lavorativa si abbassa, la mobilità è tanta e, nonostante la crisi, la situazione è certamente meno disastrosa di altri settori. Insomma: non sono pochi gli chef giovani e giovanissimi che, esperienze più o meno importanti alle spalle, stanno facendosi strada nel panorama nostrano. Per molti di loro si tratta di continuare la tradizione familiare. Per altri, di intraprendere una nuova via. Per tutti di dimostrare che, anche a venti o trent'anni, si può essere pronti ad assumere un ruolo non gregario nel mercato del lavoro

Abbiamo deciso di chiedere, a quattro giovani chef (tra i 25 e i 33 anni) di suggerirci un piatto per la Pasqua. Per comporre un menu d'autore, da giovane autore, ma replicabile a casa.

 

Sara Preceruti. Acquada

Ha personalità e talento, si leggeva qui e là a proposito di Sara Preceruti, e forse anche un po' di irrequietezza verrebbe da dire, visti i cambi nel corso dell'ultimo anno. Un paio di lustri a La Locanda del Notaio, per affinare tecnica e creatività, poi la sosta veloce al Crotto Dama, per arrivare fino a oggi (letteralmente), all'alba di una nuova avventura. Apre infatti proprio il 24 marzo il suo nuovo progetto, Acquada, sempre a Porlezza, il piccolo centro italiano affacciato sul lago di Lugano dove era approdata qualche mese fa. Acquada in lombardo significa acquazzone, quell'episodio che coglie all'improvviso con energia dirompente. È a questo slancio ribelle della natura che guarda Sara. “L'acquazzone è sfida, è creatività, un colpo di vento che accompagna la nostra esperienza quotidiana di educazione alla vita, al buon bere, al buon mangiare” scrive sul sito del ristorante. Si è fatta notare per il carattere deciso dei suoi piatti, e quel legame con il territorio che porta ortaggi e pesce d'acqua dolce, selvaggina e una stagionalità tutta sua. La sua è una cucina che non teme azzardi e qualche sterzata decisa. Una cucina che ha indagato il confine tra dolce e salato alla ricerca di incontri inediti di sapori. A lei (classe '83) l'apertura del nostro menu, con la battuta di cerco con uovo poché e asparagi.

Acquada | Porlezza (CO) | piazzetta Giovanni e Giacomo da Porlezza | tel. 0344 72305| http://www.acquada.com/

 

Tartare di cervo con uovo di quaglia poché, torretta di asparagi gratinati e la loro salsa

(per una persona)

 

100 g. di filetto di cervo

1 uovo di quaglia

15 asparagi verdi

Burro

Brodo vegetale

Parmigiano grattugiato

Sale, pepe

Olio extravergine d’oliva

1 scalogno

 

Tagliare la carne di cervo a mirepoix e condire con sale, pepe e olio extravergine d’oliva preferibilmente ligure.

Pulire gli asparagi tagliando la parte del gambo più dura e con l’aiuto di un pelapatate pulire leggermente il gambo rimasto. Far cuocere in acqua bollente e salata. Una volta cotti raffreddarli in acqua e ghiaccio per bloccarne la cottura e mantenerne il colore.

Gratinare 5 asparagi con burro e formaggio.

Rosolare gli altri con olio e scalogno e terminare la cottura con del brodo vegetale. Una volta cotti frullare con dell’olio extra vergine e passiamo a colino per eliminare i filamenti degli asparagi e ottenere cosi una salsa liscia.

Cuocere l'uovo per un minuto in acqua bollente e aceto.

Con un coppapasta dare una forma geometrica alla battuta di cervo, disporre gli asparagi accanto alla battuta e condire con la salsa. Accompagnare con l'uovo di quaglia.

 

Andrea Giuseppucci. La Gattabuia

Giovane il locale e giovane lo chef: 23 anni, mese più mese meno, ma un'idea di cucina che già sta facendosi notare. Non solo per l'inconsueta location (un ex carcere molto suggestivo, come il nome del ristorante lascia intuire) ma per quel piglio deciso e per niente allineato della sua tavola. Anche qui c'è tanta tradizione versione 2016: contrasti, provocazioni, territorio a partire da un profondo legame con la propria memoria. Polenta e raguse ne è un esempio: dolce-sapido-croccante-tenace, per il piatto che affonda a piene mani nella storia gastronomica locale e mette insieme lumache di mare e patate. Ma non manca il vocabolario attuale della cucina: acidità, marinature, rischiose contrapposizioni, e poi le verdure lavorate con tecniche diverse, come nello scenografico Occhi nella macchia. Creatività senza indugi né stonature. A lui è affidato il primo piatto e presenta un risotto con cavolo nero e altre crucifere. Un omaggio agli ultimi ortaggi invernali.

La Gattabuia | Tolentino (MC) | Piazza Martiri di Montalto | tel. 0733 471632 | http://www.lagattabuiaristorante.it

 

Riso del cavolo

(per 4 persone)

 

1 cavolo nero

1 cavolo viola riccio

1 cavolo cappuccio

5 cavoletti di Bruxelles

1 Bergamotto fresco

QB Olio essenziale al cardamomo

350 g. di riso

200 g. di burro

80 g. di cipolla rossa di Tropea

70 g. di vino bianco

45 cl aceto di Champagne o di mele

 

Centrifugare tutte e tre le tipologie di cavolo, a eccezione di quello di Bruxelles, in mancanza di centrifuga, frullare con acqua (proporzione 1 a 2 tra cavolo e acqua) e poi setacciare, il liquido che otterrete servirà come brodo per la cottura del risotto.

Pulire i cavoletti di Bruxelles, prendendo solo le foglie più belle, e tenerle in acqua gassata fino a pochi minuti prima di cuocerle.

Per il burro acido per mantecare il riso, far stufare una cipolla in una pentola fino a quando non risulterà trasparente, aggiungere la metà del burro con l’aceto e il vino bianco, portare a bollore per circa 15 minuti, poi aggiungere l’ultima parte di burro. Setacciare e riporre in congelatore, fino al momento della mantecatura.

Cuocere il riso, tostandolo con un po' di olio evo, alternare la cottura con il centrifugato di cavolo e acqua bollente, salando di poco in poco. A metà cottura, far cuocere a fuoco altissimo in una pentola di ghisa, le foglie di cavoletto di Bruxelles con del fior di sale fino a quando non risulteranno croccanti. Mantecare con il burro acido e 5 gocce di olio essenziale al Cardamomo. Dopo aver impiattato, inserire dei pezzettini di buccia di bergamotto e le foglie cotte di cavoletto.

 

Martina Caruso. Hotel Signum

Salina è un'isola incantevole. E questo, per un ristorante, è già un enorme punto a suo vantaggio. Ma è anche un luogo magico che offre incredibili materie prime, visioni d'incanto (su Panarea e Stromboli, nel caso specifico) e suggestioni a tutto tondo. Martina Caruso è giovane, 26 anni, non più solo una promessa per la ristorazione, ma stella già brillante nelle cucine dell'albergo di famiglia, il Signum che ritroveremo a brevissimo, per la riapertura stagionale. C'è, anche qui, personalità da vendere, trait d'union di questa nuova generazione di cuochi. Un occhio al territorio e l'altro puntato a quanto accade in Italia e nel mondo. Studiano, si confrontano e poi non mancano di rielaborare ogni informazione alla luce della propria storia personale. Martina, che affianca il padre in cucina (mentre il fratello Luca si occupa con grande abilità della sala, insieme alla madre), unisce rigore tecnico e legame con la propria terra, leggerezza, creatività, carattere. Che si traduce in gamberi in acqua di pomodoro e ricotta, linguine in latte di mandorla e vongole, risotto con robiola di capra girgentana capperi di Salina e cipolla caramellata. Grandissima attenzione prestata alle materie prime che, in gran parte, sono il frutto del lavoro di artigiani e produttori locali, come nel caso delle farine del Mulino Dal Ponteincursioni nel resto d'Italia e del mondo. A lei l'onere del secondo piatto, a sorpresa un prodotto non del mare pescoso che circonda la sua isola, ma un classicissimo carrè d'agnello, come nelle migliori tradizioni pasquali

Hotel Signum | Salina (ME) | Malfa | via Scalo, 15 | tel. 090 9844222 |

http://www.hotelsignum.it/it/ristorante-gourmet-eolie.html

 

Carrè d'Agnello scarola ripassata e salsa al limone

(per 4 persone)

 

1,5 kg. di carrè di agnello

1 bicchiere di vino bianco

1 limone

1 kg. di sale grosso

500 g. di zucchero di canna

1 cespo di scarola

 

Lavate il carrè di agnello e, dopo averlo asciugato, cospargetelo con il sale e lo zucchero, fatelo marinare per 40 minuti e successivamente risciacquatelo.

Prendete una padella antiaderente, aggiungete un filo di olio extravergine e rosolate il carré: a questo punto sfumate con il vino bianco, trasferite il carré su una teglia da forno e cuocete a 180 gradi per 30 minuti circa.

Per la salsa al limone, tagliare i limoni a pezzi e pelarli al vivo, recuperare eventualmente il succo, cuocere in padella il guanciale, l’alloro, i limoni e far restringere, levare il guanciale e l'alloro, frullare e setacciare.

Far tostare i pinoli in padella, mettete l'uvetta a mollo per un paio di minuti in un bicchiere di vino bianco.

Nel frattempo mettete in una padella un filo di olio extravergine, cucinare la scarola e poi aggiungere un trito di uvetta e pinoli.

Impiattare disponendo un po' di salsa al limone sul un piatto piano, appoggiare il carrè e accompagnare da un nido di scarola.

 

 

Luca Abbruzzino. Ristorante Antonio Abbruzzino

Figlio d'arte, Luca, che con il padre Antonio racconta di una nuova cucina calabrese. Moderna e proprio per questo orgogliosamente legata alla tradizione e al territorio. Con quei prodotti che sono, attualmente, forse più noti delle loro tavole. Ma i tempi stanno cambiando. Grazie anche a questa insegna: un locale moderno nel pensiero in cucina come in quello in sala, in cui domina l'attenzione al cliente: 4 i menu degustazione, più o meno quante le stanze a disposizione per completare l'esperienza di un luogo che vale la pena di conoscere meglio. Quella di Luca, classe '89, è una cucina che gioca sui contrasti, i sapori decisi, e non teme di assumersi qualche rischio. Come in uno dei piatti simbolo: i fusilli cotti in acqua di pecorino e di 'nduja conditi con ricci di mare. Robusti e giocati sul confine terra-mare più intenso. Così anche per il sarago con sfoglie di patata e peperoni essiccati, traduzione di un piatto locale: pipi e patata. Ieri-oggi: due poli di riferimento che Abbruzzino persegue fino quasi a farli toccare. Come nel dessert che ci ha voluto dare per oggi: pane, olio e zucchero, memoria di merende popolari, incredibilmente attuale secondo i nuovi canoni del dessert da fine pasto, così pure con il gelato di arachidi, granita al Campari e succo di frutti rossi o il topinambur, gelato al caffè e riduzione di arancia.

Antonio Abbruzzino | Catanzaro | via Fiume Savuto | tel. 0961.799008| http://www.antonioabbruzzino.it/

 

Pane, olio e zucchero

(Per 6 persone)

 

Per il caramello salato

120 di acqua

200 g. di zucchero

4 g. di sale

 

Per la crema all’olio

200 ml. di panna fresca

60 g. di zucchero

60 g. di uova

45 ml. di olio d’oliva

4 g. di colla di pesce

 

Per il gelato al pane

5 fette di pane tostato

250 ml di latte

220 g. di zucchero

125 g. di panna montata

 

Per le cialde di pane

Pane

Olio d’oliva

Zucchero

 

Sciogliere lo zucchero e il sale fino ad ottenere un

caramello, stemperare con l’acqua.

Sbattere la panna, l’uovo e lo zucchero e portare a ebollizione. Sciogliervi la colla di pesce precedentemente ammollata. Lasciare raffreddare e poi montare con l’olio d’oliva.

Bollire il latte, la panna e il pane e frullare il tutto.

Mettere nel bicchiere del pacojet e abbattere. Pacossare al momento di servire il dolce.

Stendere le cialde di pane, cospargerle con l’olio d’oliva e lo zucchero. Passarle in forno per circa 5 minuti a 160 gradi.

Montare il piatto mettendo al centro il caramello e la crema all’olio poi poggiare sopra il gelato al pane e infine la cialda di pane.

 

a cura di Antonella De Santis

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