Dallo stornello romanesco di Gabriella Ferri al miracolo della trasformazione evangelica dellโacqua in vino, sono tante le immagini che in questi giorni si sono avvicendate, di fronte alle novitร riguardanti i cosiddetti vini dealcolati.ย Lโargomento non รจ nuovo (Tre Bicchieri se nโera giร occupato nel 2019, nellโarticolo Vini senza alcol. Un rischio o unโopportunitร ?), anche se รจ diventato un caso mediatico solo negli ultimi giorni, dopo la circolazione del documento – ancora in bozza – di un Regolamento comunitario (n. 1308/2013) attualmente in discussione a Bruxelles nel corso del trilogo Commissione-Parlamento-Consiglio, che prevede di autorizzare nellโambito delle pratiche enologiche lโeliminazione totale o parziale dellโalcol.
In realtร lโintroduzione di questi prodotti allโinterno dellโOcm era giร presente nella prima proposta della Commissione Europea di giugno 2018, dove all’articolo 193 dello stesso regolamento facevano la loro comparsa proprio i termini โvino dealcolatoโ (con tasso alcolometrico non superiore a 0,5% vol.) e โvino parzialmente dealcolatoโ (con tasso alcolometrico compreso tra 0.5% e il limite stabilito per Paese, circa il 9%). Adesso siamo, quindi, alla fase finale. Quella in cui, con la nuova Pac alle porte, bisogna prendere la decisione: inserire o meno questi prodotti allโinterno del comparto vini? Sarebbe la prima volta che si tenta di armonizzarne a livello europeo questa categoria. Al momento, infatti, sono le singole legislazioni nazionali ad ammetterne la dicitura, come hanno giร fatto Spagna e Germania. In Italia, invece, un prodotto per essere chiamato vino deve presentare una gradazione di circa 9 gradi (ogni denominazione, poi, fa riferimento al disciplinare specifico). Almeno fino a questo momento.
In attesa della decisione che sarร presa a conclusione degli incontri (26 maggio), cerchiamo di fare chiarezza e di capire cosa cโรจ davvero scritto nel documento in discussione. In primis, il testo chiarisce che per quanto riguarda Dop e Igp, sarร consentita solo una dealcolizzazione parziale. Le pratiche di dealcolizzazioni totale, quindi, rimarrebbero appannaggio dei vini varietali. Un compromesso, questo, ottenuto per trovare una sintesi tra il parlamento che avevo detto no alla dealcolizzazione totale per le Dop e la Commissione che, invece, avrebbe voluto estendere la pratica anche a questa tipologia.
La soluzione trovata prevede, inoltre, che saranno stabiliti dei requisiti di etichettatura obbligatoria in cui tali prodotti saranno sรฌ chiamati vini, ma con la specifica di โdealcolatiโ o โparzialmente dealcolatiโ e chiaramente gradazione alcolica in evidenza.
In merito alle pratiche consentite per la deacolizzizione, oltre a quelle giร in uso, ne vengono introdotte altre (che saranno oggetto di uno specifico atto delegato). Infatti, nella proposta originaria, quella del 2018, la Commissione aveva previsto la parziale evaporazione sottovuoto, le tecniche a membrana e la distillazione. Successivamente il Comitรฉ vins era intervenuto chiedendo piรน flessibilitร . Ed รจ qui che si inserisce il procedimento che ha scatenato le maggiori polemiche, lโaggiunta di acqua (โannacquamento del vinoโ, per dirla con Coldiretti), che nel testo รจ indicata come restitution of water, ovvero โreintegrazione di acquaโ. Ma che cosa significa? Nel processo normale di dealcolizzazione, cioรจ quando viene estratta la molecola dellโetanolo, lโacqua viene tolta per essere dopo reintegrata. Si legge, infatti, che โtutte le pratiche enologiche autorizzate escludono l’aggiunta di acqua, tranne dove richiesto per una specifica necessitร tecnica o, nel caso di prodotti vitivinicoli che, a causa del processo di dealcolizzazione subiscono una perdita di acquaโ.
Intanto, da Bruxelles, dopo il polverone mediatico che si รจ scatenato in Italia, arrivano delle precisazioni: โLa Commissione Europea non ha mai proposto di annacquare il vino, ma semplicemente di modificare il quadro giuridico Ue per consentire lo sviluppo dei vini dealcolati, cioรจ con un tenore alcolico minore rispetto al vino propriamente detto, prodotti per cui si riscontra una domanda crescente e che potrebbero costituire un’opportunitร interessante per il settoreโ ha spiegato il portavoce della Commissione Balazs Ujvari. Secondo il portavoce, infatti, โla domanda dei consumatori di vini con minore tenore alcolico รจ aumentata in modo significativo negli ultimi anni. Nella sua proposta di riforma della Politica agricola comune del 2018โ ha continuato Ujvari โla Commissione ha proposto di adattare il quadro giuridico Ue sui vini per includere questo prodotto nuovo e promettente. Tuttavia, va notato, che la proposta della Commissione non fa alcun riferimento all’aggiunta di acqua. ร in corso un negoziato legislativo e speriamo che i colegislatori appoggino questo approccio, a beneficio dell’intero settore vinicolo Ue”.
Per il segretario generale Uiv Paolo Castelletti รจ addirittura importante che queste nuove categorie rimangano allโinterno dei prodotti vitivinicoli: โCโรจ tutto un mercato che richiede tali prodotti, dai Paesi musulmani ai Paesi del Nord Europa: portarli allโinterno della famiglia dei prodotti vitivinicoli significherebbe sia controllarne il metodo di produzione (si partirebbe dalla classica produzione di vino e non da succhi dโuva o altro; ndr), sia aggredire nuovi mercati. Se lasciate, invece, al mondo โbevandeโ, sarebbero soggette al Reg 1169/2011 e preda di altre industrie, diventando quindi dei concorrentiโ. Oltretutto Castelletti non capisce il polverone mediatico che si รจ creato attorno alla questione: โNon cโรจ nulla di nuovo: da anni si parla di regolamentare il settore. Attualmente, lโItalia produce 50 mln di ettolitri di vino, metร รจ vino comune. Una parte di questo non si sa come valorizzarlo e venderlo. Se questa categoria prenderร spazio tra i consumatori, saranno i nostri imbottigliatori a guadagnarci qualcosa, piuttosto che le industrie alimentari o di bevande, come la Pepsi o la Coca Colaโ. Insomma, meglio entrare nel business, invece che restarne fuori o addirittura subirlo. โPer le Doc poco cambierebbeโ conclude il segretario Uiv โvisto che si tratterebbe solo di una dealcolizzazione parziale che dovrebbe comunque passare dalla modifica dei singoli disciplinare: nessuna imposizione dallโaltoโ.
Dello stesso avviso Federvini: โLo consideriamo un passo necessario e utile. Inoltreโ puntualizza il presidente Sandro Boscaini โla Ue afferma che le pratiche devono essere disciplinate allโinterno della legislazione vitivinicola: cosรฌ si resta vincolati agli importanti parametri legislativi europei anche in termini di pratiche enologiche e presentazione. Il rischio di vedere delle Do dealcolate รจ inesistente a meno che i produttori non decidano di modificare i propri disciplinari: a conferma che i produttori restano i custodi delle caratteristiche della propria denominazione”.
Meno aperto e possibilista lโaltro fronte, che mette in evidenza il grave precedente che ne deriverebbe e che punta il dito soprattutto sul giร citato โannacquamentoโ. Coldiretti, che รจ stata la prima a lanciare lโallarme la settimana scorsa, continua la sua battaglia contro la pratica: โIn questo modo viene permesso di chiamare vino, un prodotto in cui sono state del tutto compromesse le caratteristiche di naturalitร per effetto di trattamento invasivo che interviene nel secolare processo di trasformazione dellโuva in mosto e quindi in vino. Un inganno legalizzato per i consumatoriโ, degno della canzone romanesca โLa societร dei magnaccioniโ, ironizza il presidente Ettore Prandini. Per il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella: โAggiungere acqua al vino รจ pura follia. Siamo contrarissimiโ ha detto allโAnsa โalmeno abbiano il buon senso di non chiamarlo vino. Consiglio a Bruxelles di consultare i produttori e noi enologi prima di proporre certe leggiโ.
โUnโidea da respingere senza esitazioneโ gli fa eco Floriano Zambon, presidente di Cittร del Vino โCi opporremo con forza a questa ipotesi che punta a snaturare un prodotto che vanta secoli di storia e di pratiche enologiche e che favorisce esclusivamente gli interessi di gruppi economici e multinazionali slegate dai nostri territoriโ.
Appoggia la causa anche Alleanza Cooperative: โNon si puรฒ chiamare vino un prodotto assai lontano da quello originale in cui รจ prevista lโaggiunta di acquaโ incalza il presidente Luca Rigotti โSi tratta di un errore che andrebbe a snaturare completamente le caratteristiche di un prodotto dalla tradizione millenaria, oltre a costituire anche una mancanza di trasparenza nei confronti del consumatore. Pur concordando sulla opportunitร che tali regole trovino spazio in Regolamenti del settore vitivinicolo e pur non essendo a priori contrari ai vini a bassa gradazione alcolica, considerando che essi rappresentino unโopportunitร commerciale, specie in alcuni Paesiโ conclude Rigotti โla nostra posizione รจ che essi debbano essere chiamati diversamente, ad esempio bevande a base di vinoโ.
a cura di Loredana Sottile
illustrazione di copertinaย di Gaia Niolaย
Questo articolo รจ tratto dal settimanale Tre Bicchieri del 13 maggio 2021 โ Gambero Rossoย
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